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Circolari

033/2018/MI/TO

Si segnala la sentenza in oggetto, emanata dalla Corte di Cassazione pochi giorni fa, relativa ad un tema già emerso in passato e segnalato da diverse aziende associate: le conseguenze a carico dell’impresa destinataria di interdittiva antimafia per pericolo di infiltrazioni mafiose in ragione della presenza di lavoratori aventi precedenti penali e comunque vicini, per rapporti di parentela o affinità, ad esponenti dei locali clan mafiosi.

La pronuncia è particolarmente importante perché si inserisce nel dibattito - seguito alle modifiche all’art. 18 della legge n. 300/1970 ad opera della Legge Fornero (n. 92/2012) - sul tema della reintegra del lavoratore in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo dichiarato illegittimo per “manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per g.m.o.”

Nel caso di specie, un’impresa calabrese operante nel settore della raccolta e smaltimento di rifiuti aveva ricevuto una interdittiva prefettizia, e, al fine di evitare la perdita di commesse pubbliche, aveva comminato il licenziamento del lavoratore “in odor di mafia” non per motivi disciplinari, bensì per giustificato motivo oggettivo.

Sebbene fosse stata successivamente dichiarata l’illegittimità della interdittiva prefettizia, la Corte d’Appello, ritenendo illegittimo il licenziamento, ha sanzionato il datore di lavoro con il pagamento di un’indennità pari a sei mensilità (non con l’obbligo di reintegra quindi) ritenendo che la fattispecie non potesse comunque qualificarsi come “priva in modo manifesto dei fatti astrattamente idonei a cagionare il licenziamento.

A seguito di ricorso sia del lavoratore che dell’azienda, la Cassazione ha ribadito la “natura residuale” della tutela reintegratoria: affermazione non di poco conto se si considera una certa “resistenza” al superamento dell’articolo 18 nella sua impostazione originaria, negli anni immediatamente successivi all’entrata in vigore della “Legge Fornero” (tant’è che il Legislatore ritenne di intervenire introducendo il regime di assunzione “a tutele crescenti” che riduce ancora di più le casistiche di reintegra per licenziamento illegittimo). Pur riconoscendo la pesante indennità di cui al quinto comma del nuovo articolo 18 della legge 300/70 (tra 12 e 24 mensilità, decisione rinviata dalla Corte al Giudice del merito), la Cassazione ha chiarito che, nonostante la successiva dichiarazione di illegittimità del motivo di licenziamento, “non è in dubbio l’esistenza, al momento del licenziamento, dell’interdittiva prefettizia” e tale circostanza è anche solo “potenziamente idonea ad incidere sul regolare funzionamento dell’impresa”; motivazione di per sè idonea, quindi, a procedere al licenziamento.

Sebbene, nell’iter logico seguito dal giudice di legittimità, l’impresa avrebbe meglio operato sospendendo cautelativamente il lavoratore (e non licenziandolo) per il tempo del giudizio amministrativo, attendendone l’esito, la sentenza non considera inesistente l’interdittiva per il fatto di essere stata revocata e, di conseguenza, considera il licenziamento come un’opzione necessitata dal provvedimento di interdittiva.

Non si evince dalla sentenza se il/i lavoratore/i coinvolti nella vicenda fossero stati assunti a seguito di un passaggio di appalto o meno; appare evidente, ad ogni buon conto, che i principi espressi nella sentenza offrono una lettura dell’impianto normativo di equo e corretto bilanciamento  tra i diritti del lavoratori e i principi a tutela dell’impresa. Ciò, a maggior ragione, nei casi di assunzione ai sensi dell’articolo 6 del CCNL di categoria, dove l’azienda subentrante nella gestione di un servizio non ha alcun margine di discrezionalità nel selezionare i lavoratori.

Concludendo, il giudice di legittimità afferma che “non pare dubitabile che l’intenzione del legislatore, pur tradottasi in un incerto testo normativo, sia quella di riservare il ripristino del rapporto di lavoro ad ipotesi residuali che fungono da eccezione alla regola della tutela indennitaria in materia di licenziamento individuale per motivi economici”.

Cordiali saluti.

» 13.02.2018
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