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232/2021/MI

Alla fine dello scorso mese di luglio, il Parlamento ha convertito in legge n. 106/2021 il decreto-legge n. 73/2021 (noto come “Sostegni-bis”), recante all’articolo 41bis l’ennesima modifica legislativa in materia di contratti a tempo determinato.

In particolare, il Legislatore ha reintrodotto la delega alla contrattazione collettiva volta all’individuazione delle casistiche che giustificano l’apposizione del termine al rapporto di lavoro (già in vigore dalla legge n. 56/1987 al decreto-legge n. 34/2014, poi abrogata con il venir meno dell’obbligo di inserire la causale nei contratti individuali), in aggiunta a quelle già previste per legge dal “Decreto Dignità” (DL n. 87/2018 convertito in legge n. 96/2018), notoriamente di difficile attuazione pratica (con la sola eccezione dei contratti stipulati per sostituzioni).

Le disposizioni utilizzate, ancora una volta, non hanno il pregio di essere chiarissime, e diverse interpretazioni sono state avanzate, nelle scorse settimane, dagli osservatori.

Al riguardo, tuttavia, lo scorso 14 settembre è intervenuto l’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la nota n. 1363 che dovrebbe fugare, auspicabilmente, diversi dubbi.

In sintesi: all’articolo 19, comma 1, del d. lgs. n. 81/2015 sono state aggiunte a quelle di legge, come possibili casistiche di assunzione a tempo determinato, le “specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’articolo 51” (dello stesso d. lgs. n. 81/2015, ndr), riferimento normativo che comprende, come noto, anche i contratti stipulati a livello aziendale.

La novella legislativa aggiunge, inoltre, un comma 1.1. all’articolo 19 recante quanto segue: “Il termine di durata superiore a dodici mesi, ma comunque non eccedente ventiquattro mesi, di cui al comma 1 del presente articolo, può essere apposto ai contratti di lavoro subordinato qualora si verifichino specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di lavoro di cui all'articolo 51, ai sensi della lettera b-bis) del medesimo comma 1, fino al 30 settembre 2022”.

E’ in ordine a tale comma, in particolare sulla data indicata a fine periodo, che sono inizialmente sorte diverse interpretazioni possibili.

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L’INL, nella nota, ricorda che l’apposizione delle causali al contratto di lavoro a termine è necessaria solamente nel caso in cui il contratto superi la durata di 12 mesi.

Aggiunge inoltre che le causali dei contratti collettivi non debbono essere eccessivamente generiche ma, in ossequio al disposto letterale della legge, devono descrivere “specifiche esigenze”: “ipotesi concrete” tali da non richiedere “ulteriori declinazioni all’interno del contratto individuale”.

Le causali previste dalla contrattazione collettiva, inoltre, hanno la medesima valenza di quelle di cui all’articolo 19, comma 1, anche ai fini dei rinnovi e delle proroghe dei contratti a termine, ad esempio qualora di durata inferiore a 12 mesi.

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Riguardo il comma 1.1. sopra riportato, la nota INL, redatta d’intesa con l’Ufficio Legislativo del Ministero, precisa che:

  • fino al 30 settembre 2022 sarà possibile stipulare un contratto a termine di durata superiore a dodici mesi utilizzando le causali che saranno individuate dalla contrattazione collettiva;
  • dopo tale data, si potrà stipulare un primo contratto a termine di durata superiore a dodici mesi solamente facendo ricorso alle causali di legge (quelle introdotte, come noto, dal “Decreto Dignità”) e non saranno quindi più utilizzabili a tale scopo le causali della contrattazione collettiva;
  • in materia di rinnovi e proroghe, invece, le causali individuate dalla contrattazione collettiva potranno essere utilizzate anche dopo il 30 settembre 2022, poiché il riferimento normativo (art. 21, comma 01 del d. lgs. n. 81/2015) cita “le condizioni di cui all’articolo 19, comma 1” in cui insistono tutte le causali, senza alcun cenno al comma 1.1. che prevede la limitazione temporale;
  • la data del 30 settembre 2022 si riferisce al momento della formalizzazione del contratto, il quale potrà poi prevedere una durata del rapporto che vada ben oltre la stessa data, entro il limite dei 24 mesi o della maggiore durata indicata nei contratti collettivi.

***

Per l’ennesima volta, il Legislatore introduce modifiche alla disciplina dei contratti a tempo determinato (se ne calcolano oltre trenta negli ultimi venti anni, dal d. lgs. n. 368/2001 a seguire): e la provvisorietà delle disposizioni stavolta è insita nella norma stessa, dal momento che prevede sin d’ora una data da cui si produrranno determinate conseguenze.

E’ lecito ad ogni modo avanzare perplessità in ordine alla reale portata innovativa di tale modifica legislativa: anche prima della legge n. 106/2021, infatti, era comunque possibile, pur in assenza della delega attribuita alla contrattazione collettiva, introdurre, sempre d’intesa con i sindacati aziendali, causali alternative a quelle di legge in attuazione dell’articolo 8 del decreto-legge n. 138/2011, nei limiti delle norme costituzionali e comunitarie, sulla base dei presupposti di cui allo stesso articolo 8 (ad esempio, incrementi occupazionali).

La sola concreta “novità” è quindi la restituzione di tale delega alla contrattazione collettiva nazionale, come già esercitata per circa 27 anni (1987-2014), in un quadro che presenta minori margini di intervento (come noto, sono già disciplinate per legge le assunzioni per sostituzioni e per stagionalità, e non vi è obbligo di causale per contratti di durata fino a 12 mesi).

***

La modifica legislativa è intervenuta come noto in una fase di ridiscussione della disciplina sui contratti a termine prevista all’articolo 11 del CCNL di categoria: cogliendo l’opportunità delegata dal Legislatore, le Associazioni Datoriali hanno formulato una proposta alle Organizzazioni Sindacali recante il ripristino delle principali causali già previste nel CCNL 6.12.2016 e precedenti.

» 20.09.2021
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