La Corte di Cassazione con sentenza 3299/2022 ha ritenuto che l’Ente risponde ex 231/2001 se il reato presupposto commesso con violazione della normativa antinfortunistica determini un vantaggio oggettivo per l’impresa, indipendentemente dalla volontà di conseguirlo.
Nel caso di specie, e più in dettaglio, i giudici si sono soffermati sulla distinzione tra le nozioni di “interesse” e “vantaggio” (criteri di imputazione della responsabilità degli Enti ex articolo 5 del D.lgs. 231/2001) nelle ipotesi di responsabilità degli Enti derivante da reati commessi in violazione della normativa per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Il Collegio ha ribadito che la responsabilità dell’Ente per il reato commesso “a suo vantaggio” dal soggetto agente ricorre qualora la persona fisica violi sistematicamente la normativa antinfortunistica ricavando un vantaggio per l’impresa indipendentemente dalla volontà di ottenerlo. Vantaggio che può consistere in un risparmio per l’Ente, di spesa o nella riduzione dei tempi di lavorazione, o nella massimizzazione della produzione. Al contrario vi è interesse quando l’autore del reato viola la normativa antinfortunistica con l’intento di conseguire un risparmio di spesa per l’Ente, indipendentemente dal relativo conseguimento.
Nella specie la Corte ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che confermava la responsabilità di una società emiliana ex 231/2001 derivante dal reato di lesioni personali colpose commesso dall’amministratore in violazione della normativa antinfortunistica (redazione non adeguata del Piano operativo di sicurezza ex articolo 96 del Dlgs 81/2008) nell’interesse della società. Le condotte poste in essere dall’amministratore risultavano infatti finalizzate a realizzare un particolare interesse per la società, quale il risparmio di tempo nelle lavorazioni, di energie lavorative e di denaro.
Per ogni approfondimento di merito, si rinvia alla sentenza allegata.