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077/2021/TO

Il Consiglio di Stato, Sezione III, con la sentenza n. 2102/2021, ha fornito importanti indicazioni sulle modalità con le quali devono essere riportati gli elementi a supporto dell'affidamento in house, a seguito delle attività svolte in base all'articolo 192, comma 2 dello stesso codice dei contratti pubblici.

Si tratta di una pronuncia che ha il merito di ricondurre un’analisi rigorosa svolta a partire dal testo della motivazione resa dall’Amministrazione, giudicata generica e insufficiente, all’esigenza primaria di evitare ingiustificate compressioni del principio di tutela della concorrenza.

La fattispecie di cui si occupa la sentenza in oggetto è disciplinata dall’art. 192, comma 2, D.Lgs. n. 50/2016, secondo cui, ai fini dell’affidamento diretto in house di servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti, nella motivazione del provvedimento, devono dare atto “delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche” (sul tema vedasi, da ultimo, la circolare associativa n. 038/2021).

La sentenza del Consiglio di Stato pare applicare correttamente la norma e si pone sulla scia della decisione con cui la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale che la riguardava (Corte cost., 27 maggio 2020, n. 100).

Il Consiglio di Stato, infatti, opportunamente riconduce la ratio della norma a una direttrice pro concorrenziale, così come già fatto dalla stessa Corte costituzionale, secondo cui essa “risponde agli interessi costituzionalmente tutelati della trasparenza amministrativa e della tutela della concorrenza” (Corte cost. n. 100/2020). La correttezza di tale linea interpretativa è confermata dalla lettura del parere n. 855/2016 del Consiglio di Stato sulla bozza di Codice dei contratti pubblici nonché nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE, sez. IX, ord., 6 febbraio 2020, C-89/19 a C-91/19; CGUE, sez. IV, sent., 3 ottobre 2019, C-285/18).

Come confermato dai giudici amministrativi, l’obiettivo di promuovere la concorrenza costituisce uno dei pilastri del diritto dell’Unione europea, ai sensi nell’art. 3, comma 3, TUE, dell’art. 3, lett. b), e nell’art. 119, TFUE, per i benefici che porta al tessuto economico delle imprese e, in definitiva, agli stessi cittadini.

Nel rimandare alla sentenza richiamata, allegata alla presente, restiamo a disposizione per ogni informazione e aggiornamento in materia.

» 06.04.2021
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