AssoAmbiente

Circolari

2022/189/SAEC-DOP/TO

Il Ministero della Transizione Ecologica (MiTE), con la pubblicazione del DM 257 del 24 giugno 2022, ha adottato ufficialmente il “Programma nazionale per la gestione dei rifiuti” (disponibile qui), ovvero una delle riforme fondamentali previste dal PNRR nella Missione 2 - Rivoluzione verde e transizione ecologica, Componente 1 – Economia circolare e agricoltura sostenibile (M2C1).

Il PNGR è uno dei pilastri strategici della Strategia nazionale per l’economia circolare, trattandosi di uno strumento di indirizzo per le Regioni e le Province autonome nella pianificazione e gestione dei rifiuti, preordinato a orientare le politiche pubbliche e incentivare le iniziative private per lo sviluppo di un’economia sostenibile e circolare.

Più in particolare, dopo un articolata fase di consultazione (cfr. circolare Assoambiente n. 97/2022), il MiTE ha definito il Piano Nazionale il quale, ai sensi dell’art. 198 bis, comma 2 del D.lgs. n. 152/2006, fissa i macro-obiettivi, definisce i criteri e le linee strategiche a cui le Regioni e le Province autonome dovranno attenersi nella elaborazione dei Piani di gestione dei rifiuti di cui all’art. 199, offrendo, contestualmente, una ricognizione nazionale dell’impiantistica, suddivisa per tipologia di impianti e per regione, al fine di fornire, in primis, indirizzi atti a colmare i gap impiantistici presenti nel territorio.

I macro-obiettivi del PNGR possono essere così descritti: 

  1. ridurre il divario di pianificazione e di dotazione impiantistica tra le diverse regioni, perseguendo il progressivo riequilibrio socio-economico e la razionalizzazione del sistema impiantistico e infrastrutturale secondo criteri di sostenibilità, efficienza, efficacia, ed economicità per corrispondere ai principi di autosufficienza e prossimità; 
  2. garantire il raggiungimento degli obiettivi di prevenzione, preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti (di cui all’art. 181 del D.lgs. n. 152/2006), e di riduzione dello smaltimento finale al minimo, come opzione ultima e residua, tenendo conto anche dei regimi di responsabilità estesa del produttore (EPR) per i rifiuti prodotti;
  3. razionalizzare e ottimizzare il sistema impiantistico e infrastrutturale attraverso una pianificazione regionale basata sulla completa tracciabilità dei rifiuti e la individuazione di percorsi che portino nel breve termine a colmare il gap impiantistico mediante la descrizione dei sistemi esistenti con l'analisi dei flussi; sostenere la contestuale riduzione dei potenziali impatti ambientali, da valutare anche mediante l'adozione dell'analisi del ciclo di vita (LCA-Life Cycle Assessment) di sistemi integrati di gestione rifiuti; 
  4. garantire una dotazione impiantistica con elevati standard qualitativi di tipo gestionale e tecnologico, promuovendo una gestione del ciclo dei rifiuti che contribuisca in modo sostanziale al raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica; 
  5. aumentare la conoscenza ambientale e migliorare i comportamenti ambientali (inclusa la tutela dei beni culturali e paesaggio) per quanto riguarda il tema di rifiuti e l'economia circolare.

Sulla base del PNGR le singole Regioni dovranno stabilire quali e quanti impianti realizzare per garantire il corretto trattamento dei flussi di rifiuti c.d. “critici”: amianto, rifiuti tessili ed elettrici, tra gli altri, ma soprattutto rifiuti indifferenziati e rifiuti organici da raccolta differenziata, considerate le due frazioni più problematiche, per le quali è maggiore il gap di gestione tra le Regioni settentrionali e quelle centro-meridionali. Il tutto nel rispetto dei principi di autosufficienza e prossimità della gestione ma con la possibilità di stabilire accordi di macroarea con altre Regioni.

Rispetto quanto segnalato da Assoambiente in sede di consultazione sul PNGR si segnala che:

  • in tema di accordi di macroarea, una novità rilevante riguarda l’estensione della possibilità di stabilire intese tra Regioni anche per la gestione dei rifiuti organici da raccolta differenziata, cosa che invece non era prevista nella versione del Programma sottoposta nelle scorse settimane a Valutazione Ambientale Strategica, che per questo era stata criticata da Assoambiente. L’autosufficienza gestionale per la frazione organica differenziata potrà essere quindi garantita su un territorio più vasto anche se previa redazione di una “relazione tecnica supportata da uno studio LCA”. Per i rifiuti urbani residui e gli scarti della selezione della raccolta differenziata resta invece la possibilità di raggiungere l’autosufficienza a livello di macroarea solo nel caso di avvio a recupero energetico;
  • resta assente la previsione di poteri sostitutivi in caso di inerzia delle Regioni a colmare i gap rispetto al proprio fabbisogno. Questo può essere un ostacolo alla realizzazione degli obiettivi fissati dalla programmazione nazionale. Nulla infatti viene detto riguardo il livello nazionale, ossia sulla competenza dello Stato circa la funzione di stimolo o coordinamento tra le Regioni che il MiTE potrebbe svolgere in tal senso;
  • mancano strumenti concreti di monitoraggio e verifica sia sulle azioni preordinate al raggiungimento degli obiettivi e dei target previsti nelle norme europee e nazionali (riciclo, discarica, tessili, organici, imballaggi, RAEE, inerti, plastiche, batterie) sia sulle specifiche azioni intraprese delle regioni per colmare il gap individuato per ciascun flusso preso in considerazione, lasciando ad una eccessiva discrezionalità la valutazione del loro effettivo compimento e successo;
  • non viene affrontata in modo completo una delle principali criticità che affligge l’industria italiana che si occupa delle operazioni di riciclo/recupero ovvero la generazione di “frazioni negative” dalle operazioni di riciclo che, non essendo ulteriormente riciclabili, devono essere indirizzate verso impianti dedicati alla loro valorizzazione energetica o al loro smaltimento. Purtroppo oggi la maggior parte delle frazioni negative è avviata a discarica o è destinata all’estero a causa dell’insufficienza di impianti sul territorio nazionale in grado di gestirle, con la conseguenza di elevati e crescenti costi di smaltimento che pesano ulteriormente sui costi industriali delle materie riciclate e sul conto economico delle imprese; 
  • molti aspetti vengono ancora trattati in modo generico e spesso ambiguo, soprattutto con riferimento alle problematiche legate alla gestione di rifiuti speciali quali veicoli fuori uso, rifiuti da costruzione e demolizione e rifiuti tessili. Senza considerare, inoltre, che il PNGR non prende in considerazione alcuni flussi ulteriori per i quali esistono delle criticità gestionali e che necessiterebbero di un’azione decisa: batterie al litio, gomma da PFU, vetroresina, fanghi di depurazione, rifiuti ingombranti, rifiuti da spazzamento e le ceneri da termovalorizzazione.

In conclusione, come previsto dal PNGR, entro i prossimi 18 mesi tutte le Regioni dovranno aggiornare i propri piani secondo le linee guida definite dal Programma e indicando, tra l’altro, anche target intermedi al 2023, 2024, 2026 e 2028 soprattutto per quanto riguarda quota di raccolta differenziata e riduzione conferimento in discarica per il raggiungimento degli obiettivi UE al 2035.

Nel rinviare al PNGR ed al suo decreto di adozione, rimaniamo a disposizione per ogni informazione e aggiornamento.

» 30.06.2022

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