AssoAmbiente

Circolari

2023/080/SAEC-GIU/LE

Le norme sulla pianificazione in materia di rifiuti, contenute nel D.lgs. n. 152/2006, definiscono criteri generali sulla localizzazione degli impianti di trattamento rifiuti e non consentono agli Enti territoriali individuazioni puntuali e inderogabili.

Lo ricorda il Consiglio di Stato nella sentenza 31 gennaio 2023, n. 1072 con cui, accogliendo gli appelli presentati ha riformato la conclusione raggiunta dal Giudice di I grado, secondo la quale la pianificazione impiantistica in materia di rifiuti consentirebbe di individuare i siti in cui localizzare gli impianti senza possibilità di deroga. 

L'impianto oggetto della controversia esercitava attività di trattamento e recupero della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU), con produzione di biometano sostenibile avanzato e compost di qualità.

La Sentenza ricorda che il Codice ambientale disegna il quadro di competenze pianificatorie tra Stato, Regioni, Enti territoriali (articoli da 195 a 198 del D.lgs. n. 152/2006) consentendo agli Enti territoriali di dettare criteri generali ma “in nessuna di queste norme si prevede però una competenza a localizzare i singoli impianti di smaltimento ovvero trattamento dei rifiuti stessi, intesa come potere di indicare in positivo e in via imperativa dove un dato impianto debba essere localizzato”.

In sostanza, rimarca la Sentenza, il D.lgs. n. 152/2006 “non attribuisce alle Regioni il potere di imporre vincoli per stabilire dove situare un certo impianto, ma solo il potere di fissare criteri generali, sulla base dei quali le Province indicano le zone non idonee a ospitare gli impianti stessi, procedendo quindi in via esclusivamente negativa”. Fra l’altro, continua la Sentenza, “se il piano regionale prevedesse l’individuazione di siti specifici, non si comprende perché richiedere l’individuazione di zone idonee, e soprattutto di zone non idonee, posto che, appunto secondo logica, una volta individuato in via imperativa il sito di un impianto, ne consegue che tutti gli altri siti siano inidonei per definizione”. 

Conclude l’Organo giudiziario che “sotto il profilo sistematico, poi, in base all’interpretazione che si critica non si comprenderebbe perché il rilascio del PAUR richieda, nell’ambito della conferenza dei servizi, l’esercizio di tutte le varie e complesse competenze previste dall’art. 27 bis del D. lgs. 152/2006, in particolare quelle collegate alla valutazione di impatto ambientale, che in buona sostanza serve proprio a capire se il sito ipotizzato è idoneo ad ospitare un dato impianto.”

Per maggiori approfondimenti si rinvia alla Sentenza in allegato alla presente.

» 24.03.2023
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