Il Tar Friuli Venezia Giulia, nella sentenza 29 marzo 2023, n. 129, ha affermato che il mero riferimento allo “stato di conservazione” e al “periodo di abbandono” non è sufficiente per qualificare un bene come rifiuto ai sensi di un’ordinanza sindacale di rimozione.
Più in dettaglio, con il pronunciamento il Tar ha annullato, rilevando il difetto di istruttoria, l’ordinanza di un sindaco di rimozione e avviamento a smaltimento di una macchina operatrice da scavo. Per i Giudici tale macchinario non poteva essere considerato un rifiuto che, ai sensi dell’articolo 183, D.lgs. 152/2006, è “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”.
Secondo il Tar dall’istruttoria non risultava che il soggetto destinatario dell’ordinanza si fosse disfatto o avesse intenzione di disfarsi del macchinario, né il Comune aveva dimostrato il contrario.
La decisione è stata assunta anche perché – così si sono espressi i giudici – “non pare nemmeno sussistere alcun obbligo in capo al medesimo di disfarsi della macchina in questione (o, per lo meno, il Comune non è stato in grado di evidenziarlo), a ciò non bastando, ovviamente, le apodittiche considerazioni svolte dagli agenti accertatori della Stazione Forestale di Tarcento, che le hanno, per l’appunto, attribuito la qualifica di rifiuto sulla scorta dello “stato di conservazione” e del “periodo di abbandono”, trascurando di considerare non solo che lo stato di degrado del mezzo era, in quel momento, del tutto compatibile con il suo uso (anzi, proprio cagionato o, comunque, favorito dallo specifico uso), ma anche che non era foriera di alcun imminente pericolo di inquinamento, in quanto non era stato rinvenuto o, comunque, dato atto di riversamento di olii, carburanti o altri liquidi a terra”.
Nel far rinvio alla sentenza, disponibile in allegato, rimaniamo a disposizione per informazioni e aggiornamenti.