La Corte di Cassazione, con la sentenza 24679/2023, ha stabilito che i fanghi prodotti da un processo di depurazione delle acque reflue, già sottoposti a disidratazione, sono rifiuti speciali e il loro deposito incontrollato si configura un reato ai sensi del D.lgs. n. 152/2006.
Tale orientamento è conseguente ad un pronunciamento sul ricorso presentato contro la sentenza di un Tribunale molisano che condannava l'imputato per il reato di deposito incontrollato di rifiuti ai sensi del comma 2 dell’articolo 256 “Attività di gestione di rifiuti non autorizzata” del D.lgs. n. 152/2006. Nello specifico i rifiuti oggetto della pronuncia della Corte sono costituiti dai fanghi ritrovati nei letti di essicamento di alcuni depuratori.
La Corte di Cassazione, nelle motivazioni espresse per dichiarare l’inammissibilità del ricorso, richiama la definizione di rifiuti speciali di cui all'articolo 184 del D.lgs. n. 152/2006 che comprende i fanghi prodotti dalla depurazione delle acque reflue. Pertanto appare corretta la qualificazione dei fanghi oggetto della sentenza e rinvenuti come rifiuti, in quanto ormai "palabili" ovvero in stato tale "da doversi ritenere già sottoposti a disidratazione" all'esito dell'avvenuto completamento di almeno una parte del processo depurativo.
Per maggiori informazioni si rimanda al testo della sentenza allegato.