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Circolari

2024/008/SAEC-GIU/LE

La Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 2 del 4 gennaio 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, a far data dal 29 aprile 2006 [data di entrata in vigore degli artt. 196 e 208 del D. Lgs. n. 152/2006], dell’art. 5, comma 2, della legge della Regione Lazio 9 luglio 1998, n. 27che delega alle province alcune funzioni amministrative in materia di gestione e smaltimento dei rifiuti e, in particolare, l’approvazione e la realizzazione dei progetti degli impianti per la gestione dei rifiuti, nonché l’autorizzazione all’esercizio delle attività di smaltimento e di recupero dei rifiuti.

Nello specifico, il TAR Lazio era stato chiamato a decidere in merito a un ricorso avente ad oggetto il provvedimento di diniego di un’autorizzazione unica, ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006, per un impianto di rottamazione di rifiuti metallici, adottato dalla Città metropolitana di Roma capitale in base alle menzionate previsioni dell’art. 5, comma 2, della L.R. Lazio n. 27/1998.

A giudizio del giudice amministrativo, la Regione Lazio, nel delegare alle province determinate funzioni afferenti alla gestione dei rifiuti ad essa conferite con legge nazionale, ha introdotto un modello di distribuzione delle competenze decisionali non conforme a quello previso all’art. 196, comma 1, lettere d) ed e), e all’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006, violando la scelta allocativa compiuta dal Legislatore statale nell’esercizio della sua potestà esclusiva ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione.

La dichiarazione di illegittimità costituzionale – ha precisato la Corte – decorre dal 29 aprile 2006, data di entrata in vigore del Codice dell’ambiente, con il quale i principi della riforma del titolo V della Costituzione - successiva alla normativa censurata - si sono tradotti in una specifica disciplina del riparto delle funzioni amministrative, rendendo attuale la discrasia della distribuzione delle competenze disposta dalla legge regionale censurata.

Nella sentenza in oggetto vengono peraltro richiamati i principi affermati dalla stessa Corte di Cassazione nella sentenza n. 189 del 2021 (cfr. circolare Assoambiente n. 253/2021) con cui ha stabilito l’incostituzionalità di alcune parti dell’articolo 6, della medesima L.R. Lazio n. 27/1998

Anche in questo caso, in base al combinato disposto dell'art. 136 Cost. e dell'art. 30 della L. 11 marzo 1953 n. 87, la pronuncia d’illegittimità costituzionale di una norma di legge determina la cessazione della sua efficacia erga omnes ed impedisce, dopo la pubblicazione della sentenza del Giudice delle leggi, che essa possa più essere comunque applicata ai rapporti giuridici in relazione ai quali risulti rilevante.

A tal proposito ricordiamo che il divieto di applicazione della norma dichiarata illegittima – indirizzato alla generalità dei soggetti preposti all’applicazione del diritto (i giudici e l’amministrazione) ed ai cittadini – si ripercuote e spiega la sua efficacia ovviamente in tutti i casi in cui quella norma può trovare applicazione, vale a dire in processi ancora pendenti ovvero, per i rapporti giuridici ad essa relativi che non hanno ancora raggiunto la fase patologica della lite, in situazioni nelle quali, ad esempio, non è ancora scaduto il termine di prescrizione o decadenza per l’esercizio di un diritto ovvero non è divenuto inoppugnabile un atto amministrativo. I rapporti esauriti, invece, sfuggono alla retroattività delle sentenze di accoglimento perché, con la sola eccezione della materia penale dominata dal principio del favor rei (art. 30, quarto comma, della legge n. 87 del 1953), restano regolati dalla norma dichiarata invalida. L’individuazione di detti rapporti può in prima approssimazione limitarsi a quelli coperti da sentenze passate in giudicato ed a quelli ormai cristallizzati dal decorso del tempo.

Si rinvia per ogni approfondimento alla Sentenza della Corte Costituzionale, disponibile in allegato.

» 10.01.2024
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