AssoAmbiente

Circolari

088/2014/NE

Informiamo che la Corte di Cassazione, con sentenza del 15 aprile 2014, n. 16423, riportata in allegato, è tornata sul concetto di “rifiuto” e su quello di “materia prima secondaria” (ora “End of Waste”, secondo la nuova definizione normativa) per precisare meglio la portata delle condizioni che stanno alla base della cessazione dello status di rifiuto, sia pur in linea con la sua precedente giurisprudenza in materia (Sezione 3, n. 17823 del 17/01/2012, Celano; Sezione 3, n. 25206 del 16/05/2012, Violato).

In particolare, secondo la Suprema Corte, rispetto alla precedente normativa, le evidenti novità inaugurate dall’art. 184-ter (“cessazione della qualifica di rifiuto”), introdotto nel Dlgs. 152/06 dal Dlgs 3 dicembre 2010, n. 205, consistono:

  1. nella modifica della terminologia, non esistendo più le "materie prime secondarie" ma solo prodotti che cessano di essere rifiuti (cd."end of waste");
  2. nella sufficienza della sola esistenza di un mercato e di una domanda per il prodotto, non essendo più ritenuto necessario anche il valore economico del prodotto;
  3. nel fatto che l'operazione di recupero può consistere nel controllo dei rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni.

“Non è venuta meno, però”, continua la Corte, “la necessità che il rifiuto sia sottoposto ad operazione di recupero perchè possa essere definitivamente sottratto alla disciplina in materia di gestione dei rifiuti. Anche a seguito delle modifiche introdotte con il Dlgs n. 205 del 2010, infatti, la cessazione della qualifica di rifiuto deriva da una pregressa e necessaria attività di recupero. È una costante che percorre, trasversalmente, tutte le definizioni e modifiche legislative (…).”

Uno dei presupposti per l’esercizio di un’attività di recupero è che questa sia stata preventivamente autorizzata. Infatti, secondo la sentenza in epigrafe, “l'attività di recupero, come definita dal Dlgs n. 152 del 2006, articolo 183, comma 1, lettera t), e come articolata nelle operazioni elencate, ancorchè in modo dichiaratamente non esaustivo, dall'allegato C alla parte quarta del TU ambientale, nonchè disciplinata, per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi, dal Dm 5 febbraio 1998, costituisce, a sua volta, una fase della gestione del rifiuto, che deve in ogni caso essere posta in essere da soggetto a ciò autorizzato (Dlgs n. 152 del 2006, articoli 208, 214 e 216).”

Anche nel caso di un’attività di recupero che, secondo l’art. 184-ter, comma 2, si traduca nel mero controllo per verificare se siano stati soddisfatti i criteri elaborati conformemente alle condizioni indicate nel comma 1, “a prescindere dalla immediata precettività o meno di tale indicazione (questione priva di rilevanza nel caso concreto), si tratta pur sempre di operazione di "recupero" che, in quanto tale, è comunque necessario che venga effettuata da soggetto autorizzato.”

Per queste motivazioni la Corte ha rigettato il ricorso proposto da una ditta che trasportava rottami ferrosi e non ferrosi, in quanto non risultava che il materiale trasportato fosse stato sottoposto a preventiva operazione di recupero, riciclaggio e preparazione per il suo utilizzo, e tantomeno che ciò fosse avvenuto ad opera di soggetto autorizzato.

Cordiali saluti.

» 23.05.2014
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