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158/2015/TO

Informiamo che nella G.U. n. 239 del 14 ottobre 2015 è stata pubblicata la Determina n. 11 del 23 settembre 2015 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), recante: Ulteriori indirizzi interpretativi sugli adempimenti ex art. 33, comma 3 bis, decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e ss.mm.ii”, in materia di centralizzazione degli acquisti.

In particolare l’art. 33, comma 3 bis prevede cheI Comuni non capoluogo di provincia procedono all’acquisizione di lavori, beni e servizi nell’ambito delle unioni dei comuni di cui all’articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000 , n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici anche delle province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56. In alternativa, gli stessi Comuni possono acquisire beni e servizi attraverso gli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento. L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture non rilascia il codice identificativo gara (CIG) ai comuni non capoluogo di provincia che procedano all’acquisizione di lavori, beni e servizi in violazione degli adempimenti previsti dal presente comma. Per i Comuni istituiti a seguito di fusione l'obbligo di cui al primo periodo decorre dal terzo anno successivo a quello di istituzione”.

Dopo due rinvii, la nuova normativa del settore entrerà in vigore il prossimo 1 novembre.

L’intervento regolatorio è volto a fornire ulteriori chiarimenti e orientamenti  interpretativi, ai soggetti destinatari della nuova disciplina, in materia di acquisti aggregati/centralizzati, in modo da garantire la corretta ed uniforme applicazione delle disposizioni di riferimento e l'opportuno coordinamento con quelle già vigenti in tema di spending review.

A tal fine, l'architettura dell'atto di regolazione, dopo un generale inquadramento normativo, è articolata sulle diverse criticità emerse dalla prassi applicativa e trattate per tematiche di carattere generale. Tra i diversi quesiti riguardanti l’ambito soggettivo di applicazione della novella normativa, l’ANAC ha compiuto chiarimenti in merito alla questione connessa al proliferare di società partecipate dai comuni (ci si riferisce, in particolare, alle società c.d. in-house) e alla possibilità che esse possano rappresentare un mezzo per eludere l'applicazione della norma in esame. In particolare, con riferimento a:

1) Affidamenti delle società in house.

È stato ribadito che è principio consolidato, ed altresì codificato per i servizi pubblici locali (art. 3 bis, comma 6, decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148) che la società in-house che non  esegua direttamente i servizi o i lavori affidatigli dall'ente di riferimento sia tenuta al rispetto della medesima disciplina dell'evidenza  pubblica cui è vincolato l'ente di appartenenza nell'affidamento di contratti di appalti pubblici a terzi.

Per quanto riguarda, in particolare, le società in-house preposte all'erogazione dei servizi pubblici locali, ivi compresi quelli a rete, gli enti locali interessati dalla disposizione in argomento, nell'ambito della loro autonomia organizzativa, dovranno porre in essere ogni misura idonea ad un adeguato coinvolgimento delle medesime società nelle soluzioni aggregative imposte all'ente controllante. In ogni caso quindi le società in-house non possono acquisire lavori, beni e servizi per l'amministrazione che le controlla, in elusione alla normativa sull'obbligo di centralizzazione imposto ai comuni.

2) Utilizzo delle società in house quale organo operativo.

Quanto alla possibilità che le società  interamente  partecipate dai comuni possano ritenersi moduli operativi compatibili con la ratio del comma 3 bis dell'art. 33, per la gestione delle procedure di affidamento di contratti pubblici in modo centralizzato da parte dei comuni soggetti al relativo obbligo, è stato osservato che anche società interamente pubbliche istituite quale soggetto operativo di associazioni di comuni o di accordi consortili tra i medesimi ovvero costituite dalle unioni, in rapporto di stretta strumentalità rispetto all'associazione, all'unione e all'accordo consortile, in ordine all'affidamento di contratti pubblici per i comuni facenti parte delle suddette forme, possono ritenersi  moduli operativi compatibili con la ratio del comma 3 bis dell'art. 33.

Esse possono rappresentare, infatti, lo strumento attraverso cui si individua l'ufficio dell'unione, dell'associazione o dell'accordo tra più comuni che curi i loro acquisti in modo centralizzato. Ciò che si impone come doveroso è che non diventino lo strumento per eludere la centralizzazione, non potendo il singolo comune facente parte dell'associazione, unione o consorzio commissionare singoli appalti alla eventuale società controllata in modo collettivo. Diversamente opinando si eluderebbe la forma aggregata dell'acquisto.

Tra gli altri punti trattati dalla determinazione segnaliamo: la perdurante validità e applicazione dei vincoli agli acquisiti di beni e servizi introdotti nel 2012 dai primi decreti della Spending Review; le forme di acquisto/affidamento escluse dall’applicazione dell’art. 33 comma 3-bis; la possibilità o meno per i comuni non capoluogo di provincia di procedere ad affidamenti in economia; le modalità di individuazione della figura del RUP.

Come affermato dalla stessa ANAC, la Determinazione non può considerarsi il punto di arrivo finale per la sua applicazione, in particolare in considerazione della prossima emanazione della nuova normativa nazionale in tema di appalti e concessioni.

Nel rinviare al testo della Determina, in allegato alla presente, per maggiori approfondimenti, rimaniamo a disposizione per ulteriori informazioni.

Cordiali saluti.

» 19.10.2015
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