Si segnala la sentenza in oggetto emanata il 15 dicembre u.s. poiché recante un’importante decisione sul tema del rispetto del costo del lavoro come derivante dall’applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative nonché delle tabelle di costo del lavoro, anche considerando che è una delle prime pronunce emanate in applicazione del nuovo Codice degli Appalti Pubblici (d. lgs. n. 50/2016).
L’appalto in questione aveva ad oggetto un servizio di vigilanza armata e l’offerta presentata dall’impresa provvisoriamente aggiudicataria si fondava su un costo del lavoro inferiore alle specifiche tabelle ministeriali (decreto ministeriale 21/03/2016) e giustificato sulla base di un “contratto di prossimità” aziendale sottoscritto in deroga al c.c.n.l. di categoria.
A seguito di impugnazione di azienda concorrente, quindi, il Tribunale Amministrativo ha accolto la tesi secondo cui l’offerta incongrua ai fini del costo del lavoro debba essere esclusa ai sensi dell’articolo 97, sesto comma, del nuovo d. lgs. n. 50/2016, il quale dispone che “non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge”.
Pur ribadendo che “il ribasso dei costi del lavoro stabiliti dalle tabelle ministeriali deve essere ritenuto inderogabile”, il Tribunale ha comunque esaminato il merito, sottolineando come le giustificazioni dell’impresa si fondassero sull’applicazione di un contratto aziendale, come detto, sottoscritto ai sensi dell’articolo 8 del decreto-legge n. 138/2011 poi convertito in legge n. 148/2011.
Il Tribunale ha quindi dapprima contestato la reale rappresentatività e legittimazione dell’organizzazione sindacale firmataria dell’accordo, per poi sottolineare che comunque l’attività oggetto dell’appalto non rientri tra le materie tassativamente elencate dal comma 2 dell’articolo 8 citato.
Pertanto, interventi atti a ledere il diritto alla giusta retribuzione spettante ai lavoratori coinvolti (nel caso di specie, eliminazione della quattordicesima mensilità e di altre indennità), in quanto contrari all’art. 23, comma 16 del d. lgs. n. 50/2016 (ex art. 86 comma 3bis del d. lgs. n. 163/2006), all’art. 30, comma 3, d. lgs. n. 50/2016, all’art. 97, comma 5, del d. lgs. n. 50/2016 comportano “il vincolato esito della dovuta esclusione dell’offerta proposta in spregio degli obblighi retributivi minimi”, e questo “indipendentemente dalla congruità dell’offerta valutata nel suo complesso; in ciò sostanziandosi il novum rispetto alla pregressa disciplina”.
Tale precisazione sembrerebbe innovare completamente rispetto agli orientamenti giurisprudenziali oscillanti degli anni scorsi, in vigenza del d. lgs. n. 163/2006, in cui veniva spesso salvaguardato, alla luce della libertà di concorrenza, il diritto delle imprese di discostarsi, anche significativamente, pur con onere di giustificazione, dai minimi di cui alle tabelle ministeriali di costo del lavoro.
Tale nuovo orientamento, sempre secondo il Tribunale, troverebbe fondamento proprio nella fonte di immediata derivazione del d. lgs. n. 50/2016, ovvero la Direttiva Europea 24/2014, laddove vincolerebbe la “ratio” del nuovo codice degli appalti al “rigoroso rispetto dei diritti minimi laddove involgano i primari interessi ambientali, sociali e, come nel caso di specie, lavoristici”.
Cordiali saluti.