AssoAmbiente

Circolari

035/2017/CI

Si fa  seguito alla circolare n. 26/017 per fornire ulteriori chiarimenti e precisazioni sul tema dell’orario di lavoro.

FinalitàFruizione - Collocazione e posticipazione

Si ricorda, innanzitutto, che il D.lgs. 8.4.2003, n. 66 e successive modificazionirecante la disciplina di alcuni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro - ha stabilito all’art. 19, comma 2, l’abrogazione di  “tutte le disposizioni legislative e regolamentari nella materia disciplinata dal decreto legislativo medesimo, salve le disposizioni espressamente richiamate”.

In particolare, l’art. 8, comma 3, del D.lgs. 8.4.2003, n. 66 ha disposto che:

“Salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, rimangono non retribuiti o computati come lavoro ai fini del superamento dei limiti di durata i periodi di cui all’art. 5, regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955 e successivi atti applicativi …”

Come sostenuto dal Ministero del lavoro nella circolare 3.3.2005, n. 8 (paragrafo 12, ultimi tre capoversi) e condiviso dalla prevalente dottrina, il richiamo all’art. 5 riguarda soltanto l’individuazione dei periodi di cui ai numeri 1, 2, 3 del comma 1, dovendosi per contro ritenere abrogati i commi 2 e 3 del medesimo articolo.

Detto comma 1 non considera come lavoro effettivo i periodi quali:

a)     i riposi intermedi che siano presi sia all’interno che all’esterno dell’azienda;

b)     il tempo impiegato per recarsi al posto di lavoro;

c)     le soste di lavoro di durata non inferiore a dieci minuti e complessivamente non superiore a due ore, comprese tra l’inizio e la fine di ogni periodo della giornata di lavoro, durante le quali non sia richiesta alcuna prestazione.

A proposito della precisazione conclusiva appena sottolineata, relativamente al computo del lavoro effettivo si ricorda, per combinato disposto, che l’art. 17, comma 7, del vigente ccnlriprendendo letteralmente l’art. 1, comma 2, lettera a), del D.lgs. sopra richiamatostabilisce che “l’orario di lavoro è inteso come qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.

L’abrogato comma 2 dell’art. 5 del regio decreto prevedeva che i “riposi normali, perché possano essere detratti dal computo del lavoro effettivo, debbono essere prestabiliti ad ore fisse”: alla luce della ricordata abrogazione, il Ministero del lavoro ha affermato nella sua circolare n. 8/2005 che  la pausa intermediadi 10 minuti possa essere anche mobile”.

Ora, come stabilito dall’art. 8, comma 1, del D.lgs. n. 66/2003, e come chiarito dalla richiamata circolare ministeriale, “l’intervallo per pausa”  ha “la finalitàdi costituire un intervallo tra due momenti di esecuzione della prestazione”, perconsentire il recupero delle energie psico-fisiche e l’eventuale consumazione del pasto: ecco perché “può essere fruito anche sul posto di lavoro”.

In considerazione del fatto che, durante l’intervallo per pausa, al lavoratore “non è richiesta alcuna prestazione” ovvero egli non si trova “nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”, ne consegue che detto intervallo non sia retribuito retribuibile.

Per completezza, il comma precisa che la pausa serve “anche” ad attenuare il lavoro monotono e ripetitivo.

Con ciò si intende a nostro avviso che, in relazione alle più diverse situazioni/condizioni lavorative, quello che la norma intende assicurare, attraverso la fruizione dell’intervallo per pausa, è una condizione di ristoro rispetto all’impegno lavorativo, tanto più quella dedicata alla consumazione del pasto.

Con l’occasione, si ribadisce che l’azienda ha l’obbligo di stabilire la collocazione dell’intervallo per pausa, atteso che la materia disciplinata dal D.lgs. n. 66/2003 riguarda la prevenzione/protezione della salute e sicurezza del lavoro; dunque, anche al fine di evitare possibili sanzioni o contenziosi.

Proprio perché è interessata anche la materia della sicurezza, resta inteso che la fruizione dell’intervallo per pausa dovrà necessariamente essere opportunamente e adeguatamente posticipato per iniziativa del lavoratore in presenza di una imprevista e persistente situazione di forza maggiore in cui si possa determinare un pericolo grave e immediato ovvero un danno per se stesso, per le persone, per le cose.

                                                                                          ***

Deroga contrattuale alla disciplina dell’intervallo per pausa - Condizioni

Come è noto, l’art. 8, comma 1, del D.lgs. n. 66/2003 stabilisce che i contratti collettivi possono disciplinare le modalità e la durata dell’intervallo per pausa.

Ai fini della corretta applicazione di tale disposizione, l’art. 17, comma 1, del citato D.lgs., come sostituito dall’art. 41, comma 7, del D.L. n. 112 /2008 convertito in L. n. 133/2008, recita:

“Le disposizioni di cui agli articoli 7, 8, 12 e 13 possono essere derogate mediante contratti collettivi stipulati a livello nazionale  con le organizzazioni sindacali  comparativamente più rappresentative. Per il settore privato, in assenza di specifiche disposizioni nei contratti collettivi nazionali le deroghe possono essere stabilite nei contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Merita di osservare che la direttiva comunitaria 4.11.2003, n. 2003/88 aveva disciplinato la materia in modo diverso.

Infatti, all’art. 18, comma 1, aveva stabilito che le eventuali deroghe potevano essere previste soltanto dai “contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale o, conformemente alle regole fissate da dette parti sociali, mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a un livello inferiore”.

Al di dei dubbi che la norma introdotta nella legislazione italiana solleva circa la sua compatibilità con quella della direttiva comunitaria, si ricorda comunque cheai sensi del medesimo art. 17, comma 4 - le deroghe in parola, qualora contrattualizzate, possono essere ammesse soltanto a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati equivalenti periodi di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non  sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata”.

Per chiarezza, in linea generale l’alternativa della protezione appropriata si può intendere come l’adozione di misure che evitino, per quanto possibile, che un sovraccarico di stanchezza, fatica, ecc. metta in pericolo, non solo nell’immediato, la salute o la sicurezza del lavoratore o di altri lavoratori o di terzi, ricompresi nella specifica organizzazione del lavoro.

Comunque sia, l’eventuale deroga in fatto di intervallo per pausa, qualora oggetto di accordo di secondo livello, dovrà tener conto espressamente di quanto stabilito dal menzionato comma 4.

                                                                                               ***

Orario spezzato e pausa pranzoNastro lavorativo

La più volte citata circolare ministeriale n. 8/2005 ha precisato che “nell’ipotesi in cui l’organizzazione del lavoro prevede la giornata c.d. spezzata, la pausa potrà coincidere con il momento di sospensione dell’attività lavorativa”.

Tenuto conto del fatto che non sono computabili come lavoro effettivo le soste da dieci minuti a due ore, tra l‘inizio e  la fine della giornata lavorativa, in cui non sia richiesta al lavoratore alcuna prestazione (art.5, comma 1, regio decreto), si giustifica pertanto, normativamente e contrattualmente, che, nel caso della giornata c.d. spezzatatipica e diffusa nel lavoro impiegatizio -, la pausa per il pranzo fino a due ore non sia retribuita, come vuole l’art. 17, comma 9, del vigente ccnl.

In considerazione delle molteplici opportunità di riorganizzazione dei servizi che offre l’entrata in vigore dell’orario normale di lavoro settimanale di 38 ore dalfebbraio, pare utile richiamarenell’ambito della strumentazione contrattuale disponibileanche la possibile introduzione, ove non già praticata, del cosiddetto “nastro lavorativo”  tipico  dell’organizzazione del lavoro del  personale viaggiante, per la cui disciplina l’art. 17, comma 8, del vigente ccnl rinvia alla contrattazione di secondo livello: il suo utilizzo risulta riservato normalmente al trasporto rifiuti su percorsi interregionali e oltre. Per esemplificare, i principali aspetti del nastro lavorativo che la contrattazione è chiamata a disciplinare sono:

nastro lavorativo: delimita la durata complessiva dell’impegno lavorativo giornaliero individuale, mediamente di 12 ore;

turno di lavoro:è programmato all’interno del nastro e si esplica in una successione di intervalli per pausa e di riprese lavorative;

tempi accessori:  sono i tempi impiegati nelle operazioni accessorie e complementari alla guida.

Spetta alla contrattazione di secondo livello determinare, in particolare:

-        durata del nastro lavorativo;

-        delimitazione del supero nastro;

-        numero e durata delle riprese e degli intervalli per pausa;

-        quantificazione forfettaria dei tempi accessori.

                                                                                          ***

Nel confidare nell'osservanza da parte delle imprese delle indicazioni fornite e nel rinnovare l’invito a partecipare al Seminario programmato per il 23 febbraio prossimo, si porgono cordiali saluti.

» 01.02.2017

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