AssoAmbiente

Circolari

046/2018/NA

 

Informiamo che in data 28 febbraio u.s. è stata pubblicata la Sentenza del Consiglio Di Stato n. 1229/2018 con la quale i giudici della IV sezione hanno stabilito che, se in linea generale la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto è riservata alla normativa comunitaria, in assenza di espresse previsioni di quest’ultima, spetta allo Stato e non alle Regioni il potere di individuare, caso per caso e dandone informazione alla Commissione, le ulteriori tipologie di materiale da non considerare più come rifiuti ma come “materia prima secondaria” a valle delle operazioni di riciclo.

La vicenda nasce dal ricorso al TAR del Veneto da parte del Consorzio Contarina, contro la Delibera di Giunta regionale con la quale veniva negata l’autorizzazione al riciclo all’impianto sperimentale di recupero materia dai prodotti assorbenti costruito dal consorzio in partnership con Fater. All’interno dell’impianto veniva effettuata, appunto, attività di recupero di prodotti assorbenti (ed es. pannolini per l’infanzia), ricavando dal trattamento degli stessi cellulosa, plastica e un polimero super assorbente. Il diniego veniva motivato con l’assenza di uno specifico criterio End of Waste sui prodotti assorbenti.

Il Consiglio di Stato, con la rivoluzionaria sentenza in parola ha riformato la Sentenza di primo grado, n. 1422/2016, del TAR Veneto, che aveva accolto l’istanza del consorzio, osservando, che, alla luce dell’art. 6 della Direttiva 2008/98/CE riguardante la “cessazione della qualifica di rifiuto”, la disciplina della cessazione della qualifica di “rifiuto” è riservata alla normativa comunitaria e che, solo nelle ipotesi in cui difettino indicazioni a livello comunitario è possibile una valutazione “caso per caso” dello Stato membro, con notifica della decisione assunta alla Commissione.

La Sentenza afferma, infatti, che “la stessa Direttiva UE, quindi, non riconosce il potere di valutazione “caso per caso” ad enti e/o organizzazioni interne allo Stato, ma solo allo Stato medesimo, posto che la predetta valutazione non può che intervenire, ragionevolmente, se non con riferimento all’intero territorio di uno Stato membro”.

A livello nazionale, sostiene il Consiglio di Stato, l’art. 184-ter del D.L.gs. n. 152/2006, in attuazione della Direttiva, ha previsto che l’individuazione della cessazione della qualifica di rifiuto di “specifiche tipologie di rifiuto” spetti allo Stato e più precisamente al Ministero dell’Ambiente con propri Regolamenti. L’art. 9-bis del decreto-legge 172/2008, convertito in legge 210/2008 – (disposizione che il comma 3 dell’art. 183-ter espressamente richiama tra quelle applicabili nelle more dell’emanazione dei regolamenti ministeriali e che riguarda le c.d. materie prime secondarie previste nelle autorizzazioni) in linea con il carattere emergenziale e transitorio della disposizione medesima va riferito alle autorizzazioni già rilasciate, ma non attribuisce un potere di declassificazione ex novo in sede di rilascio di nuove autorizzazioni.

In proposito, non possono assumere rilevanza eventuali diverse considerazioni desumibili da circolari emanate dal Ministero dell’Ambiente, cui compete, più propriamente, l’esercizio del potere regolamentare in materia (il riferimento è chiaramente alla circolare MATTM del 1 luglio 2016).

A conferma di quanto affermato, la Sentenza precisa che la previsione della competenza statale in tale materia è coerente oltre che con la Direttiva 98/2008/CE anche con la previsione “dell’art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva (e, dunque, anche alla potestà regolamentare statale), la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”.

Per ogni opportuno approfondimento e per il dettaglio delle motivazioni della Sentenza si rinvia al testo completo in allegato.

» 02.03.2018
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