Lo scorso 30 agosto la Corte di Cassazione, con la sentenza 36701/2019, si è pronunciata, condannando il ricorrente per immissione di rifiuti liquidi nelle acque superficiali, riguardo la qualifica di acque meteoriche di dilavamento.
Nel caso di specie, a seguito della condanna della Corte di Appello di Firenze al responsabile legale e all’autista di un’autocisterna operante nello spurgo di pozzi neri sorpresi a riversare il contenuto della stessa in un corso d’acqua pubblico, la Corte di Cassazione ha respinto, per manifesta infondatezza, il ricorso nel quale i responsabili sostenevano che nella cisterna sarebbero state contenute solo acque meteoriche di dilavamento.
I giudici del massimo grado hanno evidenziato, nelle acque di cui sopra, la presenza di “sostanze oleose”, ovvero di idrocarburi, in quantità tali da rendere inammissibile la riconduzione del rifiuto liquido in esame nell’ambito della disciplina in materia di acque meteoriche da dilavamento di cui all’art. 113 del d.lgs. 152/2006 ed hanno così precisato:
“Le acque meteoriche da dilavamento sono costituite dalle sole acque piovane che, cadendo al suolo, non subiscono contaminazioni con sostanze o materiali inquinanti, poiché, altrimenti, esse vanno qualificate come reflui industriali ex art. 74, comma 1, lett. h), D. L.vo 152/2006, con conseguente configurabilità del reato di scarico non autorizzato”.
Nel rimandare alla sentenza, in allegato alla presente, per ogni ulteriore approfondimento, rimaniamo a disposizione per ogni informazione ed aggiornamento.