La Corte di Giustizia dell'Unione europea nella sentenza 5 settembre 2024, cause riunite n. C-256/23 e C-290/23, ha chiarito che le imprese che non pagano gli oneri e tariffe dovuti all'Agenzia Ue per le sostanze chimiche (ECHA) per la registrazione dei prodotti sono giudicate dal Giudice nazionale e non dalla Corte di Giustizia europea.
Tale sentenza è stata emanata a seguito della questione pregiudiziale posta da un Giudice tedesco sulla interpretazione da dare all'articolo 94 “Azioni dinanzi al Tribunale europeo di primo grado e alla Corte di giustizia” del Regolamento 1907/2006 relativo alla registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche (cd. Regolamento REACH). Nella sentenza viene stabilito che nel caso in cui una impresa non versi i previsti importi per la registrazione di una sostanza chimica ai sensi della normativa REACH, l'Agenzia UE per le sostanze non deve rivolgersi al Giudice dell'Unione. Infatti, né l'articolo 263 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea né altre disposizioni prevedono tale competenza, e pertanto, per far valere il proprio diritto, l'Agenzia dovrà rivolgersi ai singoli giudici nazionali.
I vari giudici nazionali saranno responsabili anche dei casi in cui l'impresa che ha pagato gli oneri di registrazione ridotti, perché in possesso di determinate condizioni (tipo essere una "piccola e media impresa"), non ne aveva diritto.
Ricordiamo che – come richiamato anche nel documento dell’ECHA “Guida ai rifiuti e alle sostanze recuperate” (2010) - non appena un materiale “cessa di essere un rifiuto”, le disposizioni del regolamento REACH sono applicabili in linea di principio come per qualsiasi altro materiale, con un numero di eccezioni concesse con riserva.