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La Commissione UE pubblica il Report sull’Italia

Lo scorso 26 febbraio la Commissione Europea ha pubblicato [COM(2020)150final], le relazioni per Paese valutando i progressi compiuti nelle riforme strutturali e nella prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici, nonché la tendenza emersa negli ultimi cinque anni. Quattro gli aspetti considerati: sostenibilità ambientale, incremento della produttività, equità e stabilità macroeconomica.

L’Italia (il cui Country Report è disponibile qui) ha registrato dei progressi per la maggioranza delle raccomandazioni seppur non riuscendo a garantire delle vere e proprie riforme strutturali, ad esempio nel migliorare le condizioni di investimento e di business, nel combattere la corruzione, nella riforma del sistema bancario.

Sul tema sviluppo sostenibile, secondo la Commissione, l’Italia:

  • ha fatto progressi nel perseguimento degli SDGs (obiettivi di sviluppo sostenibile), in particolare: 3 (salute e benessere), 7 (energia pulita), 12 (produzione e consumo responsabili), 13 (cambiamento climatico), 16 (pace, giustizia). Una situazione meno delineata, con alcuni peggioramenti nel breve periodo, si ha per gli obiettivi 1 (povertà), 10 (riduzione delle ineguaglianze), 15 (ecosistemi). L’Italia ha una performance peggiore della media europea per gli SDG 4 (educazione), 5 (parità di genere), 8 (crescita economica), mentre è sopra la media per gli SDG 6 (acque pulite), 11 (città sostenibili) e 12 (produzione e consumo responsabili);
  • ha ridotto del 18% le proprie emissioni di gas serra dal 2005 al 2018 nei settori non-ETS (SDG 13); la produttività delle risorse – intesa come efficienza dell’uso dei materiali nel produrre ricchezza – è di 3,2 €/kg contro una media EU di 2,04;
  • gli investimenti green delle aziende sono cresciuti del 2,3% dal 2015 al 2016 grazie in particolare al contributo delle PMI (con un aumento del 12,9%) a fronte di una leggera diminuzione degli investimenti delle grandi aziende (-0,4%). Ciononostante, nel 2017 solo il 16% delle PMI italiane hanno offerto prodotti e servizi contro il 25% di media EU;
  • nel 2020 si prevede che l’Italia supererà il proprio target di riduzione dei gas serra (13%) raggiungendo il 20%, anche se il trend mostra un rallentamento nell’ultimo anno. Rispetto ai nuovi target al 2030 viene posta l’attenzione sulla necessità di lavorare meglio sul settore residenziale e rispetto ai trasporti si sottolinea la correlazione con la qualità dell’aria e la necessità di incentivare il trasporto merci su rotaia;
  • la definizione delle tasse sull’energia non promuove la transizione alle tecnologie pulite: nonostante le entrate derivanti da tassazione ambientale in Italia siano sopra la media (3,3% del PIL, rispetto al 2,4% in EU, con in particolare le tasse sull’energia al 2,6% del PIL rispetto alla media EU dell’1,9%), le tasse e le imposte per l’elettricità sono maggiori per unità di energia comparate a quelle sul gas naturale o il gasolio combustibile;
  • la povertà energetica è significativa, con il 14,1% della popolazione che non è in grado di avere un adeguato riscaldamento delle abitazioni (rispetto alla media EU del 7,3%);
  • la performance nazionale sull’economia circolare è buona, anche se persistono forti differenze regionali (in particolare per la gestione dei rifiuti);
  • in generale, la transizione verde può avere anche un importante impatto sociale, visto che l’eco-industria rappresenta il 2,3% del PIL (dato 2017) e può favorire l’aumento dell’occupazione in questi settori. È necessario però garantire la riallocazione dei lavoratori nei nuovi settori con adeguati interventi formativi.

Per quanto riguarda gli aspetti più generali, il Report evidenzia quanto segue:

  • la crescita economica italiana è molto debole e il tasso di occupazione rimane uno dei più bassi d’Europa, in particolare per i giovani e le donne;
  • il debito pubblico rimane un elemento di forte vulnerabilità del Paese;
  • la produttività delle aziende è bassa e, soprattutto le PMI, hanno difficoltà di accesso al credito. Il sistema produttivo risulta essere molto frammentato comportando un gap di produttività rispetto all’EU, mentre la crescita dell’export è rimasta costante ed è un elemento di forza dell’economia;
  • la pressione fiscale incide troppo sul costo del lavoro e il lavoro sommerso indice ancora troppo (stima del 12,1% del PIL nel 2017);
  • il digital divide è tra i più alti in Europa, con grandi disparità a livello regionale. Anche la digitalizzazione della pubblica amministrazione procede troppo lentamente, solo il 32,3% degli italiani utilizzano procedure informatiche per l’accesso ai servizi della p.a. (contro il 67,3% di media EU);
  • la disuguaglianza di reddito è tra le più alte in EU e il rischio di povertà tra i minori sopra la media EU (30,6% contro 24%);

La Commissione discuterà con il Parlamento europeo la sintesi delle conclusioni delle relazioni e nei prossimi mesi interagirà con gli Stati membri per sondare i parlamenti nazionali, i governi, le parti sociali e gli altri portatori di interessi. In aprile gli Stati membri presenteranno i programmi nazionali di riforma, in cui specificheranno le priorità delle riforme strutturali e i programmi di stabilità (per gli Stati membri della zona euro) o di convergenza (per gli Stati membri non appartenenti alla zona euro), in cui delineeranno la rispettiva strategia pluriennale di bilancio. La Commissione proporrà una nuova serie di raccomandazioni specifiche per paese nella primavera 2020.

» 05.03.2020

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