Affinché il bene o la sostanza perda la qualifica di rifiuto è necessario che la stessa sia stata preventivamente sottoposta ad un’operazione di recupero, che può consistere anche nella mera cernita o selezione. Ciò è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza 7589 del 26 febbraio 2020 che, in virtù del principio stabilito dall'articolo 184, comma 5, Dlgs 152/2006, ha confermato la condanna di attività finalizzate al traffico illecito di rifiuti inflitta dal Tribunale di Brescia con riferimento ad alcune spedizioni oltremare di rifiuti (Raee, Pfu, batterie fuori uso e materiali ferrosi in genere), i quali, dopo essere stati genericamente stoccati sul piazzale aziendale, venivano caricati sui containers senza alcuna preventiva operazione di recupero.
La natura di rifiuto dei materiali in questione, essendo basata sul dato obiettivo offerto dallo stato di disuso e deterioramento degli stessi, non può essere messa in dubbio nè dalla circostanza che gli stessi potessero avere un qualche valore commerciale nel Paese di destinazione del carico, né dal fatto che gli stessi fossero smontati in quanto la spedizione di oggetti smontati è di regola assai più conveniente, rispetto a quella di oggetti già assemblati, atteso il minore ingombro volumetrico che l’oggetto impegna.