La Corte Costituzionale si è pronunciata (sentenza 57/2020) dichiarando che l’informazione antimafia interdittiva adottata dal Prefetto nei confronti dell’attività privata delle imprese oggetto di tentativi di infiltrazione mafiosa non viola il principio costituzionale della libertà di iniziativa economica privata perché, pur comportandone un grave sacrificio (nella specie era in gioco l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane), è giustificata dall’estrema pericolosità del fenomeno mafioso e dal rischio di una lesione della concorrenza e della stessa dignità e libertà umana.
Più in particolare, la Corte ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Palermo sugli articoli 89 bis e 92, commi 3 e 4 del Codice antimafia che affidano l’adozione della grave misura - interdittiva di ogni attività economica, anche privata - all’autorità amministrativa e non a quella giurisdizionale (come auspicato dal giudice rimettente).
Per maggiori informazioni si rimanda alla Circolare n. 070/2020/TO del 02.04.2020 pubblicata sul sito UNICIRCULAR.