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Circolari

108/2020/MI

L’articolo 63 del decreto-legge n. 18/2020 ha previsto l’erogazione di un importo a carico dello Stato pari a 100 euro “una tantum” (che non concorrono alla formazione del reddito) da rapportare al numero di giorni di lavoro svolti “in sede” nel mese di marzo 2020, in favore dei lavoratori con un reddito complessivo da lavoro dipendente dell’anno precedente di importo non superiore a 40mila euro.

In relazione a queste specifiche disposizioni del decreto-legge n. 18/2020 (v. circolare associativa n. 71/2020), il 3 aprile u.s. l’Agenzia delle entrate ha pubblicato la circolare n. 8/E al fine di fornire riscontri a una serie di quesiti riguardanti le numerose implicazioni di natura fiscale contenute nel provvedimento.

Ai chiarimenti sul premio di cui in oggetto sono dedicati i paragrafi da 4.1 a 4.9.

Nel rinviare alla lettura della circolare allegata, precisiamo di seguito i principali chiarimenti dell’Agenzia.

Secondo l’Agenzia, la “ratio” del provvedimento è quella di “dare ristoro ai dipendenti che hanno continuato a lavorare nel mese di marzo senza poter adottare, quale misura di prevenzione, quella del lavoro agile o da remoto” (v. par. 4.3).

Per contro, rientrano tra i beneficiari del premio in parola anche i dipendenti che hanno prestato la loro attività in trasferta: in quanto sono stati comandati a fornire la loro prestazione o presso clienti o in missione o presso sedi secondarie dell’impresa” (v. idem).

Ancora, l’Agenzia ribadisce che, ai fini della corresponsione del c.d. premio, non rileva “il periodo (lavorativo) svolto a distanza, ovvero al di fuori dell’ordinaria sede di lavoro o degli ordinari luoghi in cui tradizionalmente viene prestata l’attività lavorativa, anche se funzionalmente e strutturalmente collegati” (par. 4.5).

In tale premessa, a nostro avviso le eventuali giornate di prestazione lavorativa svolte presso l’ordinaria sede di lavoro, aziendalmente previste dalla modalità in lavoro agile, sono da considerarsi utili ai fini della quantificazione del c.d. premio; restando escluse dalla ratio della norma sia la prestazione lavorativa in modalità telelavoro o, eventualmente, quella in modalità lavoro agile che tuttavia sia stata resa costantemente senza mai recarsi nell’ordinaria sede di lavoro.

L’Agenzia chiarisce che l’importo deve essere calcolato sulla base delle “ore effettive lavorate nel mese e le ore lavorabili come previsto contrattualmente” (anche nel caso di cessazione del rapporto di lavoro per qualunque causa nel corso del mese di marzo): considerando in tal caso nel concetto di “effettive”, secondo l’Agenzia, anche le giornate di ferie, di malattia o di aspettativa anche non retribuita, non dovendo tali giornate essere considerate nel rapporto “né al numeratore né al denominatore” (v. paragrafo 4.4).

Sul punto sorgono dubbi, poiché è la stessa Agenzia a ricordare la “ratio” della norma, ovvero premiare i dipendenti “che hanno continuato a prestare attività lavorativa presso la sede di lavoro”: l’espressione sembra rivolgersi a quei lavoratori che, essendo impegnati in attività ritenute essenziali anche dai numerosi provvedimenti restrittivi adottati dal Governo, abbiano “continuato” a recarsi al lavoro nonostante i rischi e i disagi connessi.

Di contro, tuttavia, l’esemplificazione dell’Agenzia contrasta con tali finalità espresse nell’articolo 63, che chiaramente dispone come il premio sia “da rapportare al numero di giorni di lavoro svolti nella propria sede di lavoro nel predetto mese”: concetto altrettanto chiaro riportato anche nella Relazione Illustrativa del decreto-legge n. 18/2020 pubblicata dal Governo, secondo cui il premio di cui all’art. 63 è “ragguagliato ai giorni in cui il lavoro è prestato nella sede ordinaria”.

Non si può escludere, pertanto, che vi sia un refuso nel punto 4.4. della circolare n. 8 e che l’Agenzia possa successivamente precisare che le giornate di ferie, malattia, aspettativa non retribuita e tutte quelle in cui non vi sia stata “effettiva prestazione nella sede di lavoro” siano escluse dal numeratore del rapporto (ore di lavoro effettivamente prestate in sede), ma non dal denominatore (ore di lavoro contrattualmente previste).

Secondo la risposta dell’Agenzia, inoltre, l’importo sembrerebbe non dover essere riproporzionato per i lavoratori a tempo parziale (“indipendentemente dalla tipologia di contratto, full-time e part-time”) in misura corrispondente all’orario di lavoro individuale, bensì unicamente sulla base del criterio sopra accennato, ovvero del rapporto “ore effettive lavorate/ore lavorabili contrattualmente”.

Per quanto concerne la platea di beneficiari del premio, il reddito da considerare al fine di individuare il limite dei 40mila euro da lavoro dipendente nel 2019 comprende esclusivamente il reddito assoggettato a IRPEF e non quello a tassazione separata, derivante ad esempio dall’erogazione di premi di risultato assoggettati ad aliquote agevolate ai sensi di legge.

Nel caso di lavoratore nuovo assunto, la cui certificazione unica dei redditi sia stata rilasciata da datore di lavoro diverso rispetto all’attuale, spetterà al lavoratore produrre autodichiarazione attestante l’importo del reddito da lavoro dipendente del 2019.

Infine, l’Agenzia ribadisce quanto già chiaro dal tenore letterale dell’articolo 63, comma 2, ovvero che il bonus è riconosciuto “a partire dalla retribuzione corrisposta nel mese di aprile e comunque entro il termine di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno”; non necessariamente quindi, considerate le notevoli difficoltà operative di queste settimane, con la retribuzione relativa al mese di marzo.

» 08.04.2020
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