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Circolari

203/2018/PE

Sul sito europeo Eur-lex sono disponibili le conclusioni dell’Avvocato Generale M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA presentate lo scorso 15 novembre alla Corte di Giustizia europea in vista del previsto pronunciamento in relazione alle cause riunite C-487/17 e C-489/17 sulla classificazione dei rifiuti con codici specchio, affinché il giudice del rinvio possa stabilire se gli imputati in vari procedimenti penali abbiano commesso, in Italia, il reato di traffico illecito di rifiuti.

Tra i vari passaggi richiamati nelle conclusioni dell’Avvocato Generale segnaliamo in particolare:

  • esclusione della tesi della probabilità, “secondo cui il produttore del rifiuto disporrebbe di un margine di discrezionalità nella classificazione come pericolosi o come non pericolosi dei rifiuti riconducibili a voci specchio, in quanto sarebbe impossibile eseguire prove per individuare tutte le sostanze presenti nei rifiuti, che sarebbero inevitabilmente classificati con voci MH [cioè codice a specchio pericoloso]. La normativa dell’Unione impone al produttore o detentore di procedere a un ragionevole accertamento della composizione dei rifiuti e di verificare successivamente l’eventuale pericolosità delle sostanze individuate onde stabilire, in funzione dei loro valori di concentrazione, se ricadano nell’allegato III della direttiva 2008/98 o nell’allegato IV del regolamento n. 850/2004. Va quindi parimenti esclusa la «tesi della certezza o della pericolosità presunta», menzionata dal giudice del rinvio, che imporrebbe, quale unica via per non classificare il rifiuto come pericoloso, un’indagine esaustiva della composizione del rifiuto e di tutte le possibili sostanze pericolose, nonché del loro grado di concentrazione”;
  • validità di qualsiasi tipo di prova ammessa dalle normative internazionale, dell’Unione o nazionale per accertare la pericolosità, o l’assenza di pericolosità, delle sostanze contenute nei rifiuti, ricordando inoltre che “secondo l’allegato della decisione 2000/523, rubrica «Valutazione e classificazione», punto 1 in fine, i risultati di una prova prevalgono sul metodo di calcolo di tali sostanze pericolose”;
  • non sono motivati approcci ipotetici di rischio, come ribadito da giurisprudenza in materia, “le «misure di tutela (...) non possono essere validamente motivate con un approccio puramente ipotetico del rischio, fondato su semplici supposizioni non ancora accertate scientificamente. Al contrario, siffatte misure di tutela, nonostante il loro carattere provvisorio e ancorché rivestano un carattere preventivo, possono essere adottate solamente se fondate su una valutazione dei rischi quanto più possibile completa tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, che dimostrino che tali misure sono necessarie”;
  • per classificare un rifiuto con codice a specchio come pericoloso non è “sufficiente addurre un semplice dubbio sulla sua pericolosità, invocando il principio di precauzione. Se lo fosse, tutti i codici specchio condurrebbero alla classificazione del rifiuto come pericoloso. Siffatta classificazione richiede invece, insisto, un’analisi individuale della composizione del rifiuto e la successiva verifica dell’eventuale pericolosità delle sostanze che lo compongono. La procedura di cui alla direttiva 2008/98 e alla decisione 2000/532 impone condizioni analoghe a quelle cui alla Corte subordina la possibilità di invocare il principio di precauzione”;
  • Concordo con il governo italiano su fatto che il produttore o detentore del rifiuto non ha l’obbligo di sottoporlo ad analisi esaustive al fine di individuare tutte le sostanze pericolose, ai sensi del regolamento n. 1272/2008, eventualmente presenti nello stesso e tutti i possibili indizi di pericolosità che esso può comportare, in applicazione dell’allegato III della direttiva 2008/98. Tale opinione è condivisa dal giudice del rinvio, il quale ritiene che sia necessaria non una ricerca indiscriminata di tutte le sostanze che i rifiuti potrebbero astrattamente contenere, ma un’adeguata caratterizzazione degli stessi basata prima sull’accertamento della loro esatta composizione e, successivamente, sulla verifica della pericolosità delle sostanze così individuate. Anche il principio di fattibilità tecnica e praticabilità economica, espresso all’articolo 4, paragrafo 2, ultimo comma, della direttiva 2008/98, osta a che si imponga al produttore di svolgere analisi assolutamente esaustive della composizione dei rifiuti e di tutti gli indizi di pericolosità delle sostanze che li compongono. Un obbligo siffatto sarebbe peraltro sproporzionato”;
  • il principio di precauzione potrebbe giustificare la classificazione di un rifiuto a specchio come pericoloso “qualora risultasse impossibile analizzare la composizione dello stesso e/o gli indizi di pericolosità dei suoi componenti, per motivi non imputabili al produttore o detentore. In tal caso, sussisterebbe un rischio reale per la salute o per l’ambiente, che legittimerebbe la classificazione del rifiuto in una voce speculare MH quale misura restrittiva per «neutralizzare» la sua pericolosità”.

In relazione alle considerazioni riportate nelle conclusioni, l’Avvocato Generale suggerisce nelle conclusioni alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sottoposte dalla Corte Suprema di Cassazione (Italia):

«L’articolo 7 e l’allegato III alla direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, come modificati dal regolamento (UE) n. 1357/2014, nonché l’allegato, rubrica «Valutazione e classificazione», punto 2, «Classificazione di un rifiuto come pericoloso», alla decisione 2000/532/CE della Commissione, del 3 maggio 2000, che sostituisce la decisione 94/3/CE che istituisce un elenco di rifiuti conformemente all’articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti e la decisione 94/904/CE del Consiglio che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti pericolosi, come modificato dalla decisione 2014/955/UE, devono essere interpretati nel senso che:

1) il produttore o detentore di un rifiuto classificabile con un codice specchio ha l’obbligo di accertare la composizione di tale rifiuto e di verificare successivamente, mediante calcolo o prova, se esso contenga sostanze pericolose o che presentano uno degli indizi di pericolosità elencati nell’allegato III della direttiva 2008/98 o nell’allegato IV del regolamento (CE) n. 850/2004. A tal fine si possono utilizzare i campionamenti, le analisi chimiche e le prove previsti dal regolamento (CE) n. 440/2008 oppure riconosciuti a livello internazionale o ammessi dal diritto interno dello Stato membro.

2) Il principio di precauzione o cautela non può essere fatto valere dal produttore o detentore di un rifiuto come pretesto per non applicare la procedura di classificazione dei rifiuti con codici specchio di cui alla direttiva 2008/98 e alla decisione 2000/532, salvo che l’analisi della sua composizione e/o degli indizi di pericolosità dei suoi componenti risulti impossibile».

Nel riservarci di tenervi aggiornati sugli ulteriori sviluppi, rimandiamo alle conclusioni dell’Avvocato Generale, disponibili qui, per ulteriori dettagli.

» 21.11.2018

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