In data 28 marzo 2019, la Corte di Giustizia europea ha risposto ad alcune domande pregiudiziali sollevate da un tribunale estone sulla possibilità di autorizzare l’EoW (causa C60/18): i quesiti le sono stati posti nell’ambito di una controversia tra una ditta di Tallinn, che operava nel trattamento delle acque reflue e nella gestione dei fanghi di depurazione, e l’Agenzia per l’ambiente nazionale; controversia sorta a seguito del diniego, da parte dell’Agenzia, di due provvedimenti per l’accertamento della cessazione della qualifica di rifiuto dei fanghi derivanti dal processo di recupero.
L’azienda in questione si occupava della canalizzazione di acque reflue urbane della città di Tallinn, nonché del trattamento delle acque reflue in un impianto a fanghi attivi. Essa intendeva commercializzare i fanghi di depurazione delle acque reflue urbane come terriccio per aree verdi ritenendo che tale processo corrispondesse ad un riciclaggio biologico (codice di operazione R3), e per questo intendeva ottenere una autorizzazione in materia di rifiuti che prevedesse la cessazione dello status di rifiuto per detti materiali.
Tuttavia, avendo la Repubblica di Estonia recepito l’articolo 6 della Direttiva 2008/98 prevedendo che la cessazione della qualifica di rifiuto può avvenire solo sulla base di un atto dell’Unione o di un Regolamento del Ministro dell’Ambiente che definisca i criteri in questione, in assenza di tali criteri per detta tipologia di rifiuto l’Agenzia per l’ambiente estone non si trovava nella condizione di valutare se i fanghi di depurazione trattati avessero cessato di essere rifiuti e pertanto aveva autorizzato l’operazione non come R3 ma come «trattamento biologico preliminare al recupero dei rifiuti (codice di operazione R12)».
Contro tale decisione la ditta ha fatto ricorso in appello alla Corte di Tallin, che ha sollevato due questioni pregiudiziali davanti alla Corte di giustizia europea vertenti sull’interpretazione da dare all’art. 6, paragrafo 4, della Direttiva 2008/98 (ovviamente all’epoca si trattava del testo antecedente alle modifiche introdotte dalla direttiva 2018/851, la nuova direttiva sui rifiuti facente parte del pacchetto normativo “economia circolare”).
Il giudice del rinvio chiede se, in base al citato articolo:
1) sia legittima una normativa nazionale, come quella estone, in forza della quale, qualora nessun criterio sia stato definito a livello dell’Unione per la determinazione dell’EoW per un determinato tipo di rifiuto, la cessazione della qualifica di rifiuto dipenda dall’esistenza di criteri generali su quel tipo di rifiuto stabiliti con un atto nazionale;
2) e se, in tali circostanze, un detentore di rifiuti possa esigere l’accertamento della cessazione della qualifica di rifiuto da parte dell’autorità competente dello Stato membro o da parte di un giudice di tale Stato membro conformemente alla giurisprudenza della Corte.
La Corte di Giustizia, nel rispondere affermativamente alla prima domanda e negativamente alla seconda, ha osservato che “risulta (…) dalla formulazione dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2008/98 che gli Stati membri possono prevedere la possibilità di decisioni relative a casi individuali, in particolare sulla base delle domande presentate dai detentori della sostanza o dell’oggetto qualificati come « rifiuti », ma possono anche adottare una norma o una regolamentazione tecnica relativa ai rifiuti di una determinata categoria o di un determinato tipo di rifiuti.” Pertanto, “(…) dal carattere facoltativo dell’azione dello Stato membro, risultante dall’uso del verbo «potere» alla prima frase di tale disposizione, discende che quest’ultimo può anche considerare che taluni rifiuti non possono cessare di essere rifiuti e rinunciare ad adottare una normativa relativa alla cessazione della loro qualifica di rifiuti.” Tuttavia, continua la Corte europea, in questo caso spetta allo Stato “vigilare affinché una siffatta astensione non costituisca un ostacolo alla realizzazione degli obiettivi della direttiva 2008/98, come l’incentivazione ad applicare la gerarchia dei rifiuti prevista dall’articolo 4 di tale direttiva o, come risulta dai considerando 8 e 29 della medesima, al recupero dei rifiuti e all’utilizzazione dei materiali di recupero per preservare le risorse naturali e consentire l’attuazione di un’economia circolare.”