Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7462/2023 ha ritenuto che la complessità delle procedure di bonifica può ripercuotersi anche in sede giurisdizionale, rendendo giustificabile la coesistenza di più sentenze sulle diverse fasi della stessa.
Più in dettaglio i giudici amministrativi hanno ribaltato il giudizio del TAR Emilia-Romagna che, in primo grado, aveva dichiarato inammissibile il ricorso per violazione del c.d. “ne bis in idem” (divieto di un nuovo processo per il medesimo fatto), facendo leva su una precedenza sentenza — nel frattempo divenuta irrevocabile – che aveva confermato la legittimità dell’ordinanza con cui il Comune, prima della caratterizzazione di un sito, aveva individuato il ricorrente quale responsabile dell’inquinamento “secondo un criterio probabilistico e in base al principio precauzionale”.
Secondo i giudici l’articolato procedimento di cui agli artt. 242 e ss. del D.lgs. n. 152/2006 è da qualificare come un procedimento a formazione progressiva, nell’ambito del quale sono individuabili diverse fasi procedimentali connesse, ma distinte tra loro.
Si legge infatti che, anche se “nelle pronunce sopra richiamate sia stata riconosciuta la legittimità degli atti dell’amministrazione che individuavano la società appellante come responsabile dell’inquinamento secondo un criterio probabilistico”, ciò non esclude che se in sede di caratterizzazione e di analisi dei rischi l’unica significativa forma di inquinamento rilevata non sia eziologicamente ricollegabile alla attività imprenditoriale svolta dalla società appellante è da giudicare “illegittima la successiva attività della amministrazione, che ha posto a carico della società – OMISSIS - s.p.a anche gli oneri connessi alla bonifica del sito (in contrasto con il principio eurounitario “chi inquina paga”).”
Nel rinviare alla pronuncia, in allegato, per gli opportuni approfondimenti, rimaniamo a disposizione per ogni informazione e aggiornamento.