Il Consiglio di Stato ha stabilito, con la sentenza n. 11211 del 27 dicembre 2023, che la sola variazione del modo in cui un impianto di gestione rifiuti opera non può essere definita "modifica", per cui le prescrizioni relative al flusso massimo di rifiuti trattabili non possono essere superate solamente con la richiesta di una nuova autorizzazione.
La sentenza nasce da un ricorso presentato da una società che gestisce una discarica e nella cui autorizzazione integrata ambientale (AIA) veniva imposto di garantire annualmente che almeno il 75% di tutti i rifiuti abbancati in discarica fosse riservato a rifiuti urbani. L'azienda, allo scopo di superare questa prescrizione, aveva comunicato una modifica dell'impianto ai sensi dell'articolo 29-nonies del D.Lgs. n. 152/2006 con l’obiettivo di modificare il flusso di rifiuti – fra quelli autorizzati — che l'impianto può ricevere.
Secondo i giudici però la modifica proposta dall'impresa non può qualificarsi come "modifica della installazione" ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera l-bis), D.Lgs. n. 152/2006 (“modifica sostanziale”), per la quale il gestore deve inviare una comunicazione o la richiesta di una nuova autorizzazione, in quanto non vengono previsti interventi tecnici relativi al funzionamento dell'impianto, ma solamente a variazioni del modo in cui esso opera, a caratteristiche tecniche invariate.
Inoltre, di fronte all'obiezione dell'azienda secondo la quale escludendo il ricorso all’articolo 29-nonies del D. Lgs. n. 152/2006 non ci sarebbe modo per eliminare la prescrizione controversa, il Consiglio di Stato ha affermato che la prescrizione potrebbe essere, in astratto, eliminata con una modifica del Piano rifiuti provinciale, che però non è nella disponibilità dell'azienda ma è demandata a scelte discrezionali dell'Amministrazione che in questo momento non coincidono con quelle dell’azienda.
Per maggiori informazioni si rimanda al testo della sentenza.