AssoAmbiente

Circolari

2025/010/SA-LAV/MI

L’articolo 11, primo comma, del Codice degli Appalti Pubblici (D.lgs. n. 36/2023) dispone che “al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente”, riprendendo letteralmente quanto prima previsto nell’articolo 30, comma 4, del D.lgs. n. 50/2016 (il precedente Codice in vigore fino al 2023).

Come altresì noto, diversamente dal D.lgs. n. 50/2016 citato, i successivi commi dell’articolo 11 dispongono che “nei bandi e negli inviti le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell'appalto o nella concessione, in conformità al comma 1 (articolo 11, secondo comma) e che “gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall'ente concedente (articolo 11, terzo comma).

Ancora, l’articolo 11, quarto comma, prevede che qualora sia indicato un contratto collettivo diverso, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, “prima di procedere all'affidamento o all'aggiudicazione” debbano acquisire la dichiarazione di “equivalenza delle tutele”.

***

Nell’obiettivo di definire il concetto di “equivalenza delle tutele”, nell’ambito del decreto correttivo del vigente Codice degli Appalti (Decreto legislativo 31.12.2024, n. 209, in allegato alla presente) è stato introdotto un “Allegato I.01 – Contratti collettivi”.

Il testo legislativo disciplina i criteri e le modalità per l’individuazione, nei bandi di gara, del CCNL da applicare nonché per la presentazione e verifica della “dichiarazione di equivalenza delle tutele”.

Tale dichiarazione consentirà quindi, ad operatori che dichiarino di applicare un contratto collettivo diverso, di dimostrare che il trattamento economico e normativo dei propri dipendenti sia equiparabile (o meglio, presenti tutele equivalenti), ad esempio per quanto di specifico interesse, a quello del CCNL Servizi Ambientali 18 maggio 2022.

Tutto ciò nel presupposto legale per cui le stazioni appaltanti non possono imporre, per le note ragioni connesse al sistema giuslavoristico italiano ed alla mancata attuazione in particolare dell’articolo 39 della Costituzione della Repubblica, l’applicazione di uno specifico contratto collettivo come requisito di partecipazione alla gara pubblica.

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Secondo l’articolo 2 dell’Allegato I.01 al Codice degli Appalti, i due criteri per l’individuazione del CCNL applicabile sono:

 

  1. la stretta connessione (come da articolo 11, comma 1 del Codice) dell’ambito di applicazione del contratto collettivo rispetto alle prestazioni oggetto dell’appalto
    A tal fine le stazioni appaltanti e gli enti committenti identificano l’attività da eseguire sulla base dei codici ATECO, e individuano l’ambito di applicazione dei contratti collettivi di lavoro sulla base dell’Archivio contratti istituito presso il CNEL;
  2. la maggiore rappresentatività comparata sul piano nazionale delle associazioni sindacali e dei datori di lavoro. Tale rappresentatività, a sua volta, si misura sulla base dei contratti collettivi presi a riferimento dal Ministero del Lavoro ai fini dell’emanazione delle tabelle di costo, di cui all’articolo 41, comma 13, del Codice degli Appalti. 
    In assenza di tale presupposto, gli enti chiederanno al Ministero del Lavoro di indicare loro il CCNL considerato applicabile alle prestazioni oggetto dell’appalto.

 

Sono venuti meno, quindi, nel testo definitivo entrato in vigore lo scorso 1 gennaio, alcuni criteri (fortemente ambigui) contestati sia dalle Organizzazioni sindacali confederali che da diverse Associazioni Imprenditoriali (tra cui anche Assoambiente in una formale audizione tenutasi lo scorso 3 dicembre presso la Commissione Ambiente della Camera dei Deputati) relativi al numero di contratti collettivi sottoscritti, alla presenza negli organi direttivi del CNEL o al numero di sedi sul territorio nazionale, considerati indici di rappresentatività.

Il testo definitivo risulta coerente con le esigenze delle imprese regolari operanti nel settore. 

Non possono infatti sussistere dubbi circa il CCNL da applicare: il nuovo contratto (stipulato il 18 maggio 2022 e collazionato il 9 luglio 2024) che ha unificato gli ex contratti collettivi “Utilitalia” e “Assoambiente” è sottoscritto da quattro Organizzazioni Sindacali, che rappresentano oltre il 90% dei lavoratori iscritti a sigle sindacali, e sei Associazioni Datoriali che rappresentano in termini di occupazione complessiva circa l’80% del totale dei dipendenti del settore.

Inoltre, come ben noto nel settore dei Servizi Ambientali le tabelle di costo del lavoro, oggi emanate in attuazione dell’articolo 41, comma 13, del Codice Appalti, citato nel nuovo testo, risultano pubblicate con specifici decreti ministeriali relativi al CCNL Assoambiente, fin dalla legge n. 327/2000, poi recepita all’interno del Codice degli Appalti Pubblici, nella versione del D.lgs. n. 163/2006 (articolo 86 comma 3-bis) e successivamente reiterata nel D.lgs. n. 50/2016 (articolo 23, comma 16).

Spetterà agli operatori economici, che volessero applicare un contratto collettivo diverso, dimostrare l’equivalenza delle tutele predisposte da altri contratti; e agli enti appaltanti operare secondo criteri di logica e razionalità, valutando attentamente le offerte economiche presentate sulla base di contratti collettivi diversi in applicazione dei criteri di cui all’articolo 4 dell’Allegato I.01.

***

L’articolo 3 dell’Allegato I.01 disciplina invece il tema della “Presunzione di equivalenza”, al momento non di interesse del settore dei servizi ambientali.

Con tale disposizione è previsto che sono considerate “equivalenti” le tutele per quanto concerne i contratti collettivi sottoscritti congiuntamente dalle medesime organizzazioni sindacali ma con associazioni datoriali diverse, in relazione alla natura giuridica o alle dimensioni delle aziende rappresentate; a condizione che ai lavoratori sia applicato il contratto collettivo corrispondente alla tipologia, alla dimensione o alla natura giuridica dell’impresa.

In sostanza, il Legislatore ha preso in esame il caso, frequente a dire il vero, in cui nel medesimo comparto merceologico le medesime Organizzazioni Sindacali sottoscrivano diversi contratti sulla base dell’interlocutore e del relativo mercato di riferimento: si pensi al caso in cui vi sia un CCNL di categoria sottoscritto dall’associazione industriale (che di norma rappresenta le aziende medio-grandi), un CCNL della medesima categoria sottoscritto ad esempio da Associazioni del mondo artigiano (che rappresenta aziende artigiane), un CCNL sottoscritto da associazioni rappresentative delle piccole aziende oppure dalle associazioni del settore cooperativo.

In tali casi, ciascun CCNL riveste una piena legittimità poiché si adegua a diverse realtà, pur se operanti nella medesima attività: il Legislatore ratifica di fatto una scelta delle Parti Sociali ormai consolidata da decenni.

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L’articolo 4 disciplina il caso in cui l’operatore economico indichi un contratto collettivo diverso da quello previsto nel bando sulla base dell’art. 11, comma 1, del Codice Appalti.

La norma distingue tra tutele economiche e tutele normative: ragionevolmente, considera equivalenti le tutele economiche quando siano “almeno pari” (articolo 4, comma 4) a quelle di cui al CCNL inserito nel bando di gara, con riferimento specifico alle seguenti voci (articolo 4, comma 2):

  • retribuzione tabellare annuale;
  • indennità di contingenza;
  • EDR;
  • eventuali mensilità aggiuntive;
  • eventuali ulteriori indennità previste.

In sostanza, ed in estrema sintesi, i minimi retributivi non possono essere inferiori a quelli del CCNL indicato.

Per quanto riguarda le tutele normative, il Legislatore riporta (articolo 4, comma 3) un lungo elenco di istituti (14) rispetto ai quali considerare equivalenti le tutele normative laddove gli scostamenti su tali voci risultino “marginali”; tuttavia, il Legislatore rinvia a un decreto del Ministero del Lavoro, da emanarsi entro novanta giorni, per una definizione più dettagliata in ordine ai criteri da adottare per la definizione della “marginalità”.

Tale impostazione presenta almeno due aspetti meritevoli di attenzione:

  • alcuni istituti risultano irrilevanti o comunque rivestono scarsa importanza, se e quando presenti: si pensi al lavoro supplementare o alle clausole elastiche relative al lavoro a tempo parziale. 
    Altri istituti indicati, come il periodo di prova o il periodo di preavviso, incidono in maniera davvero poco significativa ai fini della gestione di un appalto, tanto più che spesso i lavoratori impiegati derivano dalla gestione precedente, e in tali casi l’assunzione non è soggetta a periodo di prova per ovvie ragioni.
  • alcuni istituti, come la previdenza complementare (definita “integrativa” nel testo di legge), l’assistenza sanitaria integrativa e la bilateralità hanno invece natura economica, in taluni casi anche molto importante (si pensi ai possibili effetti negativi di una assicurazione sanitaria che non copre determinati eventi gravi, diversamente da quella prevista invece nel CCNL indicato nel bando, oppure ad una evasione o elusione, di lunga durata, dei versamenti ai fondi di previdenza complementare). Su tale aspetto sia Assoambiente che altri soggetti avevano chiesto formalmente la modifica del testo di legge, nel senso di inserire tali istituti nel concetto di “retribuzione minima”.

 

Inoltre, le disposizioni normative spesso non sono facilmente comparabili ai fini di una valutazione circa la “marginalità dello scostamento”.

La “dichiarazione di equivalenza” dovrà essere trasmessa in sede di presentazione dell’offerta, e gli enti appaltanti saranno tenuti a verificarla “prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione” (articolo 5, commi 1 e 2).

***

In conclusione, il testo definitivamente approvato, e in vigore da inizio anno, sembra aver definito un quadro normativo adeguato alle esigenze di corretta concorrenza e legalità, soprattutto se paragonato con i testi circolati precedentemente, i quali presentavano numerose ambiguità.

Certo è che nel settore dei Servizi Ambientali i margini per applicare contratti collettivi diversi da quello maggiormente diffuso sembrano praticamente inesistenti, se la scelta del contratto da applicare sarà svolta in buona fede e attuando i nuovi criteri di legge.

Si invitano ad ogni modo le aziende associate ad informare tempestivamente l’Associazione qualora venissero a conoscenza di dubbi in merito da parte di stazioni appaltanti o addirittura di indicazioni errate nei bandi di gara, ai fini di un tempestivo intervento, nelle forme ritenute più idonee di volta in volta.

» 13.01.2025
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