La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emanato la sentenza 27 marzo 2025 (causa C-501/23) in cui ha imposto all’Italia sanzioni pecuniarie per il mancato rispetto degli obblighi in materia di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane in relazione a quattro agglomerati (in Sicilia e in Valle d’Aosta).
Si ricorda che la Corte aveva già constatato una prima volta l’inadempimento dell’Italia in una sentenza pronunciata nel 2014 (sentenza del 10 aprile 2014 C-85/13, riferita al ricorso della Commissione UE contro l’Italia) in quanto venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma della Direttiva 91/271/CEE sulle acque reflue su ben 41 agglomerati. A tal proposito, la Commissione europea, ritenendo che, oltre 20 anni dopo la scadenza dei termini di recepimento previsti dalla suddetta direttiva e gli anni passati dalla sentenza del 2014, l’Italia non si fosse ancora pienamente conformata alle norme europee (in quanto ancora inadempiente su quattro agglomerati) ha proposto un nuovo ricorso per inadempimento, diretto all’imposizione di sanzioni pecuniarie.
Nel merito, l’Italia è stata accusata di essere venuta meno agli obblighi derivanti dall’articolo 3, e/o dell’articolo 4 e/o dall’articolo 5, nonché dell’articolo 10 della direttiva 91/271/CEE, relativi alla mancata realizzazione delle reti fognarie e il mancato trattamento preventivo prima dello scarico nei quattro agglomerati di cui sopra che hanno un numero di abitanti equivalenti superiore a 10.000.
Nella sentenza, la Corte constata che, in relazione a questi agglomerati, l’Italia non aveva adottato tutte le misure necessarie all’esecuzione della sentenza del 2014, al fine di ottemperare agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva, e che, tale inadempimento persisteva ancora alla data dell’udienza dinanzi alla Corte (13 novembre 2024).
La Corte di giustizia condanna quindi l’Italia a pagare una somma forfettaria di 10 milioni e una penalità di euro 13.687.500 per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2014, a partire da oggi e fino alla completa esecuzione della sentenza del 2014.
Nel fissare l’importo delle sanzioni pecuniarie, la Corte tiene conto della gravità dell’infrazione, della sua durata e della capacità finanziaria dello Stato membro. Essa sottolinea in particolare che l’assenza di trattamento delle acque reflue urbane costituisce un danno all’ambiente e deve essere considerata come particolarmente grave.
Si specifica inoltre che, sebbene il danno ambientale sia diminuito grazie alla riduzione significativa del numero di agglomerati, che sono passati da 41 nel 2014 a 4, un pregiudizio all’ambiente, seppur minore, tuttavia persiste, tanto più grave se si considera che i quattro agglomerati non conformi scaricano le loro acque reflue in aree sensibili.
Per qualsiasi ulteriore approfondimento, si rimanda al testo della sentenza disponibile in allegato.