Il TAR Veneto, con sentenza n. 1236 del 15 luglio 2025 si è pronunciato su un ricorso proposto da un’azienda volto ad ottenere l’annullamento della delibera del Consiglio comunale del Comune di Venezia con la quale era stato approvato il Piano Economico Finanziario (PEF) per la gestione dei rifiuti urbani ed era stata fissata la Tari (tassa rifiuti per i servizi di raccolta, trasporto e smaltimento o recupero dei rifiuti) per l’anno 2023.
L’azienda ricorrente aveva contestato, in particolare, l’adozione del metodo presuntivo, in luogo di quello puntuale, per la determinazione delle somme dovute per lo smaltimento dei rifiuti, ritenendolo “sproporzionato rispetto all’effettiva produzione di rifiuti del proprio sito, non giustificato da alcuna istruttoria e non supportato da un’adeguata motivazione”. Il giudizio riguardava, dunque, la legittimità della scelta di applicare il metodo presuntivo, in assenza di una specifica istruttoria e di una congrua motivazione che ne giustificasse l’adozione.
Il Giudice Amministrativo, richiamando la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, relativa a controversie analoghe, dopo aver premesso che le amministrazioni godono di ampia discrezionalità nella scelta del metodo tariffario applicabile – metodo presuntivo (applicazione della tariffa sulla base di parametri predeterminati dal legislatore) oppure metodo puntuale (applicazione della tariffa sulla base di una valutazione quantitativa dei rifiuti effettivamente conferiti) - ha ritenuto illegittima la delibera consiliare impugnata a causa della omissione della motivazione della ragione dell’adozione del metodo presuntivo “senza considerare la possibilità di impiegare criteri analitici più aderenti alla realtà e al principio chi inquina paga”.
Il TAR ha, inoltre, ritenuto che “l’attività impositiva deve comunque risultare conforme ai canoni di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza, in relazione alla concreta capacità dell’utenza di produrre rifiuti, quale presupposto impositivo della Tari. Ne discende l’obbligo per l’Amministrazione di svolgere un’adeguata attività istruttoria, anche mediante il confronto con i dati forniti dagli interessati”.
La delibera consiliare è stata ritenuta dunque illegittima per difetto di istruttoria e di motivazione.
Per maggiori informazioni si rimanda al testo della sentenza in allegato.