In tema di localizzazione degli impianti di gestione rifiuti si segnalano le seguenti sentenze.
Con la prima pronuncia la Corte Costituzionale, con sentenza n. 285 del 2 dicembre 2013, ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo unico della legge della Regione autonoma della Valle d’Aosta 23 novembre 2012, n. 33 (recante modificazione alla legge regionale 3 dicembre 2007, n. 31 – Nuove disposizioni in materia di gestione dei rifiuti), ai sensi del quale: “In considerazione delle ridotte dimensioni territoriali della Regione e dei limitati quantitativi di rifiuti prodotti, in conformità agli obiettivi di cui all’articolo 10, comma 1, al fine di tutelare la salute e di perseguire criteri di economicità, efficienza ed efficacia, nel ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti speciali non pericolosi non si realizzano né si utilizzano sul territorio regionale impianti di trattamento a caldo quali incenerimento, termovalorizzazione, pirolisi o gassificazione”.
A seguito della proposizione da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri del giudizio di legittimità costituzionale, la Consulta ha riconosciuto il contrasto della sopra richiamata norma con le disposizione riportate nel D.Lgs. 152/2006. Al riguardo, i giudici costituzionali ribadiscono che la gestione dei rifiuti è ascrivibile alla materia della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» riservata - ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. - alla legislazione esclusiva dello Stato (ex multis, sentenze n. 54/2012, n. 244 e n. 33 del 2011, n. 331 e n. 278 del 2010, n. 61 e n. 10 del 2009).
Secondo queste disposizioni, compete allo Stato «l’indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti» (articolo 195, comma 1, lettera p); le Regioni, nel rispetto di tali criteri generali, definiscono: i «criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti» (art. 196, comma 1, lettera n); inoltre, le Regioni determinanoi «criteri per l’individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento […]» (art. 196, comma 1, lettera o), dovendo rispettare «i principi previsti dalla normativa vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ivi compresi quelli di cui all’articolo 195 […]», sulla base di quanto indicato nella parte iniziale dello stesso art. 196, comma 1.
Pertanto, alla luce di tale inquadramento normativo, la Corte da dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma censurata in quanto la stessa, imponendo un divieto generale di realizzazione ed utilizzo di determinati impianti sul territorio regionale, non contiene: “un criterio né di localizzazione, né di idoneità degli impianti. Si tratta di un limite assoluto, che si traduce in una aprioristica determinazione dell’inidoneità di tutte le aree della Regione a ospitare i predetti impianti”.
La seconda sentenza è stata pronunciata dal TAR Campania, sezione distaccata di Salerno, n. 2990 del 20 novembre 2013 e attiene alla definizione dei criteri di localizzazione delle “isole ecologiche”. La pronuncia in questione, pur in presenza di peculiarità riconducibili alla vicenda sottoposta all’esame dei giudici amministrativi, si segnala per le indicazioni offerte in merito alla natura degli approfondimenti istruttori da svolgere al fine di illustrare le concrete ragioni della scelta dell’area presso cui ubicare l’isola ecologica.
In particolare, è stato rilevato come l’istruttoria avrebbe illustrato in maniera insoddisfacente - attraverso “(…) il mero richiamo a talune planimetrie fotografiche allegate, dalle quali peraltro nessun elemento di chiarificazione è dato realmente rilevare” – i motivi della idoneità del sito prescelto ma non abbia, altresì, chiarito affatto le ragioni della scelta, rispetto ad altri siti di proprietà comunale, i quali non sarebbero stati neppure individuati, ma solo genericamente evocati. Proprio l’individuazione di altri siti idonei e il loro confronto con quello in contestazione, avrebbe dovuto rappresentare l’oggetto dell’approfondimento istruttorio (che invece non c’è stato affatto).
Inoltre, chiarisce il TAR, all’interno della relazione tecnica sono: “elencate le tipologie di rifiuti, destinate ad essere raccolte nell’isola ecologica “de qua”, rappresentate dalla frazione organica intesa come sfalci di potatura, carta e cartone, metalli, vetro, plastica, legno, oli esausti, stracci, mobili, elettrodomestici, computers, televisori, macerie derivanti da interventi in economia, R. U. P. (rifiuti urbani pericolosi) ovvero batterie, pile, contenitori TF, tubi catodici, siringhe, lampade a fluorescenza, toner, ed infine ingombranti non riciclabili, con esclusione della sola frazione umida organica, ovvero derivante da scarti alimentari. A fronte del catalogo, così ampio ed inquietante, dei materiali da depositare “in situ”, e pur tenendo conto della dichiarata volontà di escludere, da tale novero, la frazione organica umida, davvero non si comprende come si possa sostenere che la presenza di un così vasto e differenziato ingombro di rifiuti, anche “pericolosi”, della più varia specie e natura non costituisca, all’evidenza, un possibile rischio per la salute dei cittadini (soprattutto per coloro che, come i ricorrenti, vivono a poca distanza dal sito in questione) nonché più in generale per l’ambiente, complessivamente considerato” .
Nel rinviare alla lettura dei testi delle sentenze richiamate, in allegato alla presente, per eventuali ulteriori approfondimenti, si rimane a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento.
Cordiali saluti.