AssoAmbiente

Circolari

026/2017/CI

 

Facendo seguito alla nostra circolare n. 216/016 dello scorso 21 dicembre, pare opportuno, in occasione dell’entrata in vigore dell’orario normale settimanale di lavoro di 38 ore stabilito dall’art. 17 dell’Accordo 6.12.2016, puntualizzare alcuni aspetti della materia, in parte interpretativi e in parte applicativi in quanto connessi alla pianificazione degli orari.

Entrata in vigore dell’orario normale settimanale di lavoro di 38 ore.

L’introduzione del nuovo orario di lavoro offre alle aziende la possibilità di adottare nuove o ulteriori misure organizzative, mirate ad accrescere l’efficienza, l’efficacia e la qualità dei servizi forniti, a beneficio dell’utenza e della committenza pubblica.

In tale premessa, con le “Disposizioni per la fase di prima applicazione” in calce all’Accordo del 6 dicembre scorso, le parti hanno previsto un preliminare confronto (la cosiddetta procedura) tra l’azienda e le competenti rappresentanze sindacali, che si realizza attraverso un programma di incontri finalizzato a illustrare alle predette OO.SS. il piano aziendale di riorganizzazione dei vari servizi e a consentire all’azienda di valutare le osservazioni e le proposte che possono venire utilmente da parte sindacale.

Non sfugge a nessuno che il tempo che intercorre tra il 6 dicembre 2016 e il 31 gennaio 2017 può rivelarsi insufficiente rispetto ai molteplici, impegnativi obiettivi che la novità contrattuale può permettere di conseguire.

Il nuovo orario di lavoro  pone alle aziende un notevole sforzo di analisi e di progettazione, che, in relazione alle varie e complesse tipologie di servizi, potrebbe non esplicarsi interamente entro il 31 gennaio: comprensibilmente, l’Accordo del 6 dicembre ha avviato nelle aziende un processo di efficientamento organizzativo che, verosimilmente, potrà proseguire anche nel corso del 2017, nell’ambito della normale pratica del sistema relazionale aziendale.

Nondimeno, le richiamate Disposizioni hanno stabilito che la specifica procedura in parola si dovrà concludere “in ogni caso” entro il 31 gennaio 2017, in quanto la stessa è stata espressamente prevista soltanto “per la fase di prima applicazione”. Tant’è che l’art. 17, comma 1, secondo capoverso, dell’Accordo 6 dicembre 2016 recita: “A decorrere dall’1 febbraio 2017, la durata settimanale dell’orario normale di lavoro è di 38 ore …”.

Dalfebbraio prossimo, dovrà dunque entrare in vigore il nuovo orario settimanale.

***

La ripartizione giornaliera dell’orario di lavoro settimanale.

L’art. 17 del vigente ccnl, in coerenza con quanto previsto dal D.lgs n.66/2003, stabilisce la durata settimanale dell’orario di lavoro, non già quella giornaliera.

Questo implica che la leggeil ccnl riconoscono all’azienda la facoltà di prevedere nell’ordine di servizioemesso dopo l’esame congiunto con le OO.SS. -  una distribuzione dell’orario anche differenziata giornalmente in funzione delle esigenze organizzativo/operative, fino al completamento dell’orario settimanale; ferma restando la durata massima contrattuale di 48 ore.

In tale premessa, la durata dell’orario giornaliero di lavoro può articolarsi in misura differenziata fino a raggiungere, ove occorra, la durata massima contrattuale di 9 ore una o più volte nella settimana (o in un periodo di tempo plurisettimanale o mensile), in relazione alle caratteristiche delle specifiche attività gestite, delle mansioni da espletare e delle condizioni lavorative.

Ne consegue che quella di una ripartizione dell’orario normale settimanale di lavoro in misura paritetica giornaliera è un’ipotesi che certamente l’azienda può prendere in considerazione qualora ciò sia richiesto dalle esigenze del servizio o da ragioni contingenti, ma allo stesso tempo non può costituire la soluzione per ogni situazione tantomeno un vincolo all’autonomia imprenditoriale.

Si presume che un efficace utilizzo del nuovo orario di lavoro possa essere realizzato con il ricorso alla flessibilizzazione consentita dagli artt. 18 e 19 del vigente ccnl.

***

L’intervallo per pausa: collocazioneconsecutività – non computabilità come lavoro effettivo – non retribuibilitàorario spezzato.

L’intervallo per pausa è stato introdotto, con questa denominazione, dall’art. 8 del D.lgs. n. 66/2003, al superamento di una prestazione lavorativa giornaliera di 6 ore.

In difetto di disciplina collettiva – come nel caso del ccnl Assoambiente -, l’azienda deve riconoscere al lavoratore una pausa di almeno 10 minuti, “anche sul posto di lavoro”, tra la l’inizio e la fine  di ogni periodo giornaliero di lavoro; pausa che  “deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo”.

Al diritto alla pausa del lavoratore corrisponde dunque  il diritto dell’azienda a stabilirne la collocazione: ne consegue che  l’azienda, per tener conto delle  proprie esigenze, dovrà  valutare e

decidere quando e dove il lavoratore godrà la pausa; fermo restando che essa non potrà essere collocata all’inizio o alla fine della prestazione lavorativa giornaliera.

Nella circolare 3.3.2005, n. 8, il Ministero del lavoro, commentando il citato D.lgs ha precisato:

“La determinazione del momento in cui godere della pausa è rimessa al datore di lavoro che la può individuare, tenuto conto delle esigenze tecniche dell’attività lavorativa, in qualsiasi momento della giornata lavorativa e non necessariamente successivamente al trascorrere delle 6 ore di lavoro.

 “La pausa minima …(di) 10 minuti deve essere fruita consecutivamente”.

“I periodi di pausa, stante la definizione di orario di lavoro, non vanno computati come lavoro ai fini del superamento dei limiti di durata”: vale a dire che il tempo della pausa non è utile ai fini del computo del lavoro effettivo.

“Il periodo di pausa … non può essere sostituito da compensazioni economiche”.

 “I periodi di pausa non sono retribuiti, salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi”.

La circolare ministeriale precisa altresì che “nell’ipotesi in cui l’organizzazione del lavoro prevede la giornata c.d. spezzata, la pausa potrà coincidere con il momento di sospensione dell’attività lavorativa”.

E ancora, che non sono retribuite “le soste di lavoro di durata non inferiore a dieci minuti e complessivamente non superiore a due ore, comprese tra l’inizio e la fine di ogni periodo della giornata di lavoro, durante le quali non sia richiesta alcuna prestazione”.

Al riguardo, pare opportuno ricordare anche l’art. 17, comma 9, del vigente ccnl che prevede che durante l’orario normale di lavoro giornaliero “il dipendente ha diritto a una pausa non retribuita per la consumazione dei pasti principali di durata non superiore a due ore”.

***

La fruizione della pausa “anche nel posto di lavoro”.

L’art. 8 del D.lgs n. 66/2003 stabilisce che la pausa è fruita “anche sul posto di lavoro”.

Merita di precisare che il “posto di lavoro” non deve essere equivocato con la “sede di lavoro”, trattandosi di due nozioni nettamente distinte.

La sede di lavoro, come è noto, è quella indicata nella lettera di assunzione, come previsto dall’art. 4 del vigente ccnl.

Per contro, la nozione di posto di lavoro è correttamente determinata dal consolidato orientamento della giurisprudenza di Cassazione, che, al riguardo,  fa riferimento alla normativa infortunistica in materia di “luogo di lavoro”.

La giurisprudenza di legittimità, infatti, individua il luogo di lavoro nel complesso dei luoghi in cui si svolge l’attività lavorativa. E quindi non solo nel cantiere o nello stabilimento in cui abitualmente si svolge la specifica attività lavorativa dell’impresa,  ma in qualsiasi altro luogo in cui l’azienda invii il lavoratore per esplicare le mansioni affidategli.

In materia, è notoriamente di particolare rilevanza la sentenza 18.5.2011, n. 19553, con la quale la Cassazione Penale, sezione IV, ha ribadito che:

 “In realtà, per luogo di lavoro, tutelato dalla normativa infortunistica, deve intendersi qualsiasi posto in cui il lavoratore acceda, anche solo occasionalmente, per svolgervi le mansioni affidategli, e … nella ratio della normativa antinfortunistica il riferimento ai “luoghi di lavoro” ed ai “posti di lavoro”non può che riguardare qualsiasi posto nel quale concretamente si svolga l’attività lavorativa”.

Ne consegue che il posto di lavoro nel quale godere la pausa in parola può essere, ad esempio:

la postazione lavorativa dell’impiegato d’ufficio, l’officina , l’area lavaggio automezzi, la postazione di accoglienza o di vigilanza all’ingresso, l’impianto, la cabina di guida del conducente dei differenziati veicoli aziendali, la postazione nell’isola ecologica/centro di raccolta ecc. .

***

Nel rimettere alle aziende queste indicazioni, si conferma che alle problematiche connesse all’entrata in vigore del nuovo orario di lavoro settimanale  sarà dedicata particolare attenzione nel Seminario che è stato  programmato per il prossimo 23 febbraio a Roma.

Con i migliori saluti.

» 27.01.2017

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