AssoAmbiente

Circolari

039/2019/TO

La Corte di Cassazione, III sezione Penale, con sentenza 29 gennaio 2019, n. 4238 è intervenuta sul tema spandimento fanghi ed in particolare sull’invio a recupero, per la produzione di compostaggio (attività che, nell'ipotesi accusatoria, si assumeva illecita) di fanghi provenienti da impianti di depurazione.

La sentenza richiama nelle argomentazioni anche la precedente sentenza della Corte di Cassazione n. 27958 del 31 gennaio 2017 (Pagnin) nella quale si è affermato che l'uso agronomico presuppone che il fango "sia ricondotto al rispetto dei limiti previsti per le matrici ambientali a cui dovrà essere assimilato (e quindi anche quelli previsti dalla Tab. 1, colonna A dell'allegato 5, al Titolo V, parte IV Dlgs n. 152 del 2006), salvo siano espressamente previsti, esclusivamente in forza di legge dello Stato, parametri diversi, siano essi più o meno rigorosi, nelle tabelle allegate alla normativa di dettaglio (decreto n. 99 del 1992) relativa allo spandimento dei fanghi o in provvedimenti successivamente emanati", precisando che la questione si ritiene superata a seguito dell'entrata in vigore dell’art. 41 del Dl 28 settembre 2018, n. 109 (DL Genova) (v. circolare associativa n. 231/2018). Infatti rispetto alle disposizioni dell’art. 41 del DL Genova, la sentenza precisa che “andranno apprezzati esclusivamente i parametri in essa indicati, considerando comunque che gli stessi riguardano l'utilizzazione dei fanghi e devono pertanto essere rispettati in tale fase ultimativa della loro gestione”.

Tra i vari passaggi richiamati nella sentenza in oggetto segnaliamo in particolare:

  • in tema di rifiuti, l'analisi chimica degli stessi ai fini di una loro corretta classificazione non è sempre necessaria, come nel caso dei rifiuti pericolosi “non è richiesta la sua preventiva analisi, essendo sufficiente, a tal fine, che il rifiuto abbia, sul piano oggettivo, il carattere di pericolosità” (Sezione 3, n. 52838 del 14 luglio 2016;
  • in relazione alla verifica dei requisiti dei fanghi al fine del loro recupero come compost, la Corte di Cassazione precisa che questa debba essere effettuata ttenendo conto “in primo luogo, delle finalità del DLgs 92/1999, che assumono un ruolo determinante, in quanto deve essere ben chiaro che ciò che il decreto disciplina è l'utilizzazione dei fanghi in agricoltura […] e non rappresenta una forma alternativa di smaltimento. […] Risulta centrale, in questa come in altre disposizioni che regolano l'utilizzazione agronomica di sostanze altrimenti classificabili come rifiuti, la destinazione alle finalità chiaramente indicate dal legislatore e desumibili, per ciò che concerne i fanghi da depurazione, anche dalle precise condizioni stabilite per l'utilizzazione, tra le quali figura, all'articolo 3, comma 1, lettera b), la idoneità a produrre un effetto concimante e/o ammendante e correttivo del terreno”;
  • in relazione alle considerazioni formulate nella sentenza Pagnin, i "fanghi ammessi per l'uso agricolo possono essere suddivisi in tre tipologie: 1) civili (sempre ammessi), 2) urbani (ammessi solo se le caratteristiche sono sostanzialmente non diverse da quelle dei fanghi civili) e 3) da altri insediamenti (ammessi solo se assimilabili a quelli civili). Ne consegue che i fanghi di depurazione per le attività agricole devono provenire dalla depurazione di acque reflue e perciò, qualora provengano da impianti industriali, deve comunque trattarsi di reflui assimilabili a quelli civili, con la conseguenza che il predetto decreto 99 del 1992 disciplina unicamente i fanghi (umidi-disidratati, essiccati) provenienti da processi di depurazione degli scarichi di insediamenti civili, misti o produttivi assimilabili ai primi, nonché i fanghi trattati, senza alcuna distinzione tra quelli derivanti da cicli di lavorazione o da processi di depurazione. Ne deriva che restano esclusi sia i fanghi di depurazione degli scarichi produttivi "non assimilabili", sia i fanghi provenienti da impianti diversi da quelli indicati dall'articolo 2 del decreto n.99 del 1992, sia i residui da processi di potabilizzazione, sia i fanghi residuati da cicli di lavorazione non trattati e quelli non destinati all'agricoltura. Quest'ultima esclusione deriva dalla delimitazione contenuta nella direttiva (direttiva CEE 12 giugno 1986, n. 278) che il decreto legislativo "de quo" ha recepito (Sezione 3, n. 9402 del 23 settembre 1996)".

Sul tema spandimento fanghi, l’Associazione sta partecipando ai tavoli avviati dal MATTM e dalla Regione Lombardia al fine di definire un contesto normativo e operativo stabile e certo.

Nel rimandare alla sentenza in oggetto, in allegato alla presente, per ulteriori approfondimenti, restiamo a disposizione per informazioni e aggiornamenti.

» 01.02.2019
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