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Circolari

082/2019/MI

Si segnala l’allegata pronuncia della Corte d’Appello di Milano, che affronta, sia pure con riferimento ad altra contrattazione collettiva nazionale, dinamiche particolari relative ad un tema di interesse, il passaggio di appalto.

Nella fattispecie, un lavoratore dipendente di una cooperativa di pulizie civili, al cessare dell’appalto su cui era impegnato, non veniva assunto dall’impresa subentrante poiché, nel corso degli anni, era stato assunto da altra cooperativa subappaltatrice del servizio e non risultava nell’elenco del personale avente diritto all’assunzione al momento dell’avvicendamento.

Il lavoratore procedeva quindi in giudizio, dapprima impugnando il licenziamento comminato (peraltro oralmente) dall’impresa uscente per cessazione di appalto ed ottenendo il diritto alla reintegra ai sensi dell’articolo 18 della legge n. 300/1970; successivamente, dopo aver optato per la liquidazione delle indennità spettanti a norma di legge in vece della effettiva reintegra al lavoro, ha chiamato in giudizio l’impresa subentrante nell’appalto per invocare la costituzione del rapporto.

Il Tribunale di Milano ha quindi rigettato la richiesta, sostenendo che “presupposto necessario” per applicare la procedura di assunzione per cambio di appalto sia la cessazione del precedente rapporto di lavoro; circostanza nel caso di specie non verificatasi poiché il lavoratore ha ottenuto giudizialmente il diritto al mantenimento del rapporto di lavoro presso l’impresa cessante il servizio.

Sempre secondo il Tribunale, quindi, laddove non si verifichi la perdita del posto di lavoro alle dipendenze dell’impresa uscente (o perché non venga licenziato e quindi dislocato su altro appalto, o perché reintegrato in forza di decisione giudiziale), “non sorge alcun diritto di assunzione da parte dell’impresa subentrante”, determinandosi in caso contrario una sorta di assimilazione tra la procedura di cambio appalto e le conseguenze automatiche previste dall’articolo 2112 del codice civile (recante, come noto, la disciplina del trasferimento d’impresa).

Il lavoratore avrebbe quindi l’obbligo, secondo il Tribunale, di scegliere una via: o impugnare il licenziamento, ovvero, in alternativa (o comunque in via subordinata all’esito negativo della prima opzione) rivendicare la costituzione del rapporto di lavoro con la nuova impresa affidataria dell’appalto.

Il lavoratore ha quindi proposto appello alla pronuncia di primo grado, fondato sulle seguenti argomentazioni:

  • la tutela prevista dalla contrattazione collettiva applicata non opera solo in caso di licenziamento da parte dell’impresa cessante, ma è sufficiente la sola condizione che il lavoratore sia stato effettivamente adibito all’appalto per il periodo previsto;
  • le tutele, contrattuale e legale, non sono alternative bensì cumulabili, non essendovi incompatibilità né contraddittorietà logica o giuridica tra le due tutele;
  • è comunque sempre diritto del lavoratore invocare l’assunzione da parte dell’impresa subentrante, quand’anche l’impresa cessante abbia confermato il lavoratore (non operando il recesso per cessazione dell’appalto) alle proprie dipendenze.

La Corte d’Appello di Milano ha accolto il ricorso del lavoratore.

In primo luogo, la Corte non ha condiviso l‘interpretazione della norma contrattuale relativa al cambio di appalto emersa dalla decisione del primo grado di giudizio: il diritto ad essere assunto dall’impresa subentrante ed “a conservare il suo posto di lavoro presso l’appalto”, secondo la Corte, è incondizionato in presenza dei requisiti previsti, e non è subordinato quindi al presupposto dell’avvenuto licenziamento.

Quindi, se da un lato il lavoratore, anche non licenziato, può ottenere l’accertamento del suo diritto ad essere assunto dall’impresa subentrante anche solo “al fine di evitare un inevitabile trasferimento presso altro cantiere”, per altro verso “l’accettazione della nuova assunzione non equivale a rinuncia ad impugnare il recesso né integra acquiescenza al licenziamento”.

Tutela pattizia e tutela legale quindi sono sempre invocabili dal lavoratore, disgiuntamente o cumulativamente.

Nel caso di specie, il lavoratore ha dapprima invocato la tutela giudiziale contro il licenziamento orale per far valere la continuità del rapporto di lavoro, e successivamente, ottenuta tale tutela, è stato messo in condizione di poter “pretendere l’applicazione nei suoi confronti della clausola di salvaguardia”.

Considerando quindi il solo elemento dell’adibizione all’appalto in tutto il periodo di tempo previsto (4 mesi secondo il CCNL applicato), la Corte, acclarata per testi tale circostanza, ha chiarito che il diritto spetta “agli addetti nell’appalto”, non comportando conseguenza alcuna a tali fini l’essere dipendente del subappaltatore piuttosto che dell’appaltatore: ciò che rileva è, quindi, il contratto di appalto per lo svolgimento del servizio in un determinato luogo fisico.

Inoltre, sempre con riferimento al caso specifico, non è risultata provata nemmeno la condizione della modifica dei termini, modalità e prestazioni contrattuali, che nel caso del CCNL pulizie e servizi integrati/multiservizi determina una attenuazione dell’obbligo di assunzione, impegnando l’impresa subentrante ad una verifica, senza automatismi, circa la possibilità di mantenere il livello occupazionale complessivo.

Sulla base di tali presupposti, quindi, la Corte d’Appello di Milano ha sancito il diritto del lavoratore di essere assunto a tempo indeterminato dall’impresa subentrante con effetti, anche retributivi, a far data dal cambio di appalto, con i medesimi orario di lavoro e mansioni (anche equivalenti), presso lo stesso cantiere.

**********

In conclusione, la pronuncia della Corte merita attenzione poiché, in materia di passaggio di appalto, conferma che il lavoratore può cumulare, in taluni casi anche in maniera strumentale, le tutele previste dalla legge e dal CCNL; strumentalità che in parte persino il Legislatore ha inteso scongiurare avendo previsto, con l’articolo 7, comma 4-bis, della legge n. 31/2008 la deroga all’obbligo di attivare la procedura di licenziamento collettivo per i datori di lavoro, nei casi in cui il personale adibito all’appalto sia riassunto dall’impresa subentrante a parità di condizioni economiche e normative (e si sia visto, quindi, totalmente salvaguardato nella sua posizione lavorativa precedente).

In sostanza, è confermata la possibilità per il lavoratore di ottenere dal datore di lavoro uscente le tutele, di natura economica, previste dalla legge in caso di licenziamento illegittimo, pur salvaguardando, in presenza dei requisiti previsti nel CCNL applicato, il diritto alla conservazione del posto presso l’appalto.

Infine, la Corte ha confermato l’effettività del principio della salvaguardia occupazionale rispetto all’imputazione formale del rapporto di lavoro, garantendo anche ai lavoratori dipendenti dell’impresa eventualmente subappaltatrice i medesimi diritti e la stessa situazione di fatto dei dipendenti dell’appaltatore diretto.

Nel rimanere a disposizione per eventuali segnalazioni, osservazioni o dubbi sull’argomento, l’occasione è gradita per porgere cordiali saluti.

» 18.03.2019
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