AssoAmbiente

Circolari

017/2020/CS

La Circle Economy, associazione europea a cui aderiscono imprese ed istituzioni, ha lanciato a Davos il Circularity Gap Report 2020 che riporta lo scenario mondiale sul tema dell’economia circolare e offre alcune prospettive di sviluppo della stessa a livello mondiale.

Dal Report 2020 si evince come l’economia globale sia arrivata a consumare, per la prima volta in assoluto, più di 100 miliardi di tonnellate di materiali all'anno, mentre il tasso di circolarità (cioè la percentuale di materiali riciclati utilizzati nel sistema economico) è sceso all’8,6%, rispetto al 9,1% calcolato in occasione della prima edizione del Circularity Gap Report del 2018.

Nel Report 2020 viene posta l’attenzione sull’impronta ecologica dei differenti Paesi del mondo che si trovano, di fatto, ad affrontare la sfida per la prevenzione di un ulteriore degrado ambientale e, al contempo, per la riduzione delle iniquità sociali. Il Report caratterizza quindi tre tipologie di paesi per i quali individua sfide e opportunità e fornisce percorsi d'azione:

  • Paesi “Build” – questi hanno una bassa impronta ambientale pro capite e la loro attività economica è in linea con la capacità rigenerativa del pianeta. Di contro però non sono in grado di soddisfare le esigenze di base della popolazione (come evidenziato dagli indicatori su istruzione e assistenza sanitaria). Il vantaggio per questi paesi risiede nel loro potenziale, infatti lo sviluppo futuro della loro infrastruttura di base potrà sposare i principi dell’economia circolare;
  • Paesi “Grow” – questi hanno già sperimentato un certo grado di crescita economica e industrializzazione. L'uso delle risorse in questi paesi è quindi associato ad una rapida crescita economica e al consumo di materiale, oltre che da un rapido accumulo di scorte. Qui, la crescita sostenibile riguarda un uso più efficiente del capitale naturale, investendo i guadagni in infrastrutture e istruzione per lo sviluppo del capitale umano;
  • Paesi “Shift” – questi hanno la percentuale più elevata di servizi in relazione al PIL. Tuttavia, il loro consumo di materiale è 10 volte maggiore di quello dei paesi “Build”. Questi Paesi producono anche elevati volumi di rifiuti, che però, di solito, sono gestiti in modo relativamente efficiente. Con livelli di consumo estremamente significativi, il vero impatto dei paesi “Shift” si estende ben oltre i loro confini nazionali, con gran parte dei costi ambientali e sociali sostenuti altrove.

Le raccomandazioni contenute nel Report 2020 (capitolo 8) possono essere così sintetizzate:

  • passaggio a modelli di consumo intelligenti - ciò include la progettazione circolare, l'estensione della durata del prodotto, la riduzione nell’uso delle risorse naturali nonché la sostituzione della proprietà di un bene con un modello di condivisione (l'adesione a sistemi di car sharing sta crescendo del 65% l’anno a livello globale;
  • assunzione della responsabilità circa gli impatti legati alle importazioni ed esportazioni - standard condivisi sulla salute, la sicurezza e l'ambiente dovrebbero essere assicurati lungo tutta la catena del valore, compreso il trattamento dei rifiuti (incentivando sistemi innovativi che utilizzano i rifiuti come risorsa);
  • transizione verso le energie rinnovabili - ciò comporta la decarbonizzazione delle economie dei paesi "Shift" e la creazione di quantità significative di energia rinnovabile, metodi di accumulazione e sistemi di reti intelligenti. Secondo una ricerca dell'Università di Stanford, una transizione verso il 100% delle energie rinnovabili negli Stati Uniti comporterebbe un aumento netto di 2 milioni di posti di lavoro, dimezzerebbe i costi energetici per i consumatori e garantirebbe ai contribuenti un risparmio di 600 miliardi di dollari in costi sanitari e 3,3 trilioni di dollari in costi climatici.

Nel rimandare al Report, disponibile qui, per maggiori dettagli, rimaniamo a disposizione per aggiornamenti e informazioni.

» 23.01.2020

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