AssoAmbiente

Circolari

039/2020/MI

Il 17 febbraio u.s. l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha emanato l’allegata nota n. 1436 in materia di “Omissione dei versamenti ai fondi di previdenza complementare”.

La questione assume una certa rilevanza nel settore, poiché, dai dati in possesso dei Fondi “FASDA” e “Previambiente” emerge come, mentre nel fondo di assistenza sanitaria sono stati iscritti in poco tempo la quasi totalità dei lavoratori operanti nel comparto, procede più lentamente, di contro, l’adesione “contrattuale” di tutti i lavoratori non iscritti volontariamente a “Previambiente”, come convenuto con l’accordo di rinnovo del CCNL sottoscritto il 6 dicembre 2016 oltre che con il rinnovo del CCNL Utilitalia.

Con tale previsione, come noto, è stato previsto l’avvio, a partire dall’1/1/2018, del versamento pari a € 10/mese a carico del datore di lavoro in favore dei lavoratori a tempo indeterminato non iscritti al Fondo Previambiente, determinando la cosiddetta “iscrizione contrattuale”, estesa quindi a tutti i lavoratori cui viene applicato uno dei due CCNL dei servizi ambientali.

Tale premessa per evidenziare che in materia di previdenza complementare, nonostante l’impegno delle Fonti istitutive e degli organi statutari del Fondo, sussistono ancora dei margini di inadempimento da parte di alcune aziende, diversamente da quanto accaduto in materia di assistenza sanitaria.

Appare pertanto più che opportuno l’intervento dell’Ispettorato Nazionale il quale, nella nota allegata, dopo aver brevemente riepilogato la natura della previdenza complementare e dei Fondi stessi, ha sottolineato come il mancato versamento di contributi previsti nei CCNL costituisca “inadempimento contrattuale del datore di lavoro”.

La nota ricorda poi, citando la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 4684/2015, come il credito del lavoratore, in tali casi, assuma natura non retributiva, bensì previdenziale, dal momento che il beneficio si concretizza in una aspettativa in ordine al trattamento di pensione integrativa, al verificarsi dei necessari requisiti.

Pertanto, l’Ispettorato sottolinea come, non trattandosi di “crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro”, non sia possibile procedere alla diffida accertativa di cui all’art. 12 del d. lgs. n. 124/2004.

Tale omissione nei versamenti alla previdenza complementare configura ad ogni modo una violazione dell’articolo 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 secondo cui “i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge…”.

Ciò in quanto, prosegue l’Ispettorato, ai sensi del d. lgs. n. 252/2005, le aziende che trasferiscono il TFR alle forme pensionistiche complementari beneficiano di compensazioni sotto forma di riduzioni contributive, previste dal Legislatore al fine di contenere gli effetti finanziari derivanti dallo smobilizzo del TFR (cfr. quanto previsto dall’articolo 10 del d. lgs. n. 252/2005 recante “Misure compensative per le imprese”).

Conseguentemente, le agevolazioni di cui godono le aziende per le finalità di cui sopra vengono in tali casi usufruite in violazione di legge, legittimando quindi il recupero dello sgravio.

Il contrasto al dumping concorrenziale effettuato dalle aziende attraverso l’evazione/elusione dei versamenti ai Fondi di previdenza complementare presenta, come detto, diverse criticità alla luce della particolarità della materia: è comunque da accogliere positivamente l’intervento dell’Ispettorato con la nota in esame, poiché evidenzia un crescente ed attento interesse degli Organi competenti sulla materia.

» 24.02.2020
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