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Circolari

054/2020/NA

L’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in tema di “reverse charge” con la risposta all’interpello n. 11 del 24 gennaio 2020.

Il caso riguarda una società con sede legale all’estero che ivi svolge “attività di intermediazione nella commercializzazione di beni vari” e che intende svolgere sul territorio italiano “attività di servizi nell’ambito del recupero di materiali “end of waste” ed attività ad essa connesse”, diretta esclusivamente a clienti che sono soggetti passivi (es. aziende e imprese). In tal caso, la territorialità IVA dell’attività di intermediazione dipende dal luogo in cui è stabilito il committente con la conseguenza che se la prestazione è resa a soggetti passivi IVA stabiliti nel territorio dello Stato, l'operazione si considera ivi effettuata.

L’agenzia delle entrate nella risposta ha, quindi contemplato, le diverse casistiche possibili.

Nel caso di cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, gli obblighi relativi sono adempiuti dai cessionari o committenti. Pertanto l’IVA relativa alle cessioni di beni o alle prestazioni di servizi è assolta dal cessionario/committente italiano mediante l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile (“Reverse charge”). Il “reverse charge” è attuato attraverso due modalità alternative a seconda che il fornitore estero, sia un soggetto passivo IVA stabilito fuori dall'UE o nell'UE. Nel primo caso di fornitore extra-UE, il committente/cessionario italiano emette un'autofattura, mentre quando il fornitore è stabilito in altro Stato dell'UE, il committente/cessionario italiano adempie gli obblighi di fatturazione e di registrazione, integrando la fattura ricevuta con l'IVA "italiana".

L’Agenzia delle Entrate ha precisato tuttavia che, nel caso in cui il cessionario/committente non sia stabilito in Italia e l'operazione sia ivi territorialmente rilevante, non è applicabile il meccanismo dell'inversione contabile. In questo caso, gli obblighi o i diritti derivanti dall'applicazione delle disposizioni normative in materia di imposta sul valore aggiunto, sono adempiuti dal fornitore stabilito all'estero, direttamente, se identificato in Italia, ovvero tramite un proprio rappresentante fiscale.

L’Agenzia delle Entrate ha rilevato, infine, che vi sono delle cessioni di beni e/o delle prestazioni di servizi che rientrano "oggettivamente" nel meccanismo dell'inversione contabile, per le quali, quindi, gli obblighi IVA sono sempre in capo al committente. Si tratta delle operazioni di cui all’art. 74, comma 7, del DPR n. 633/1972 ("le cessioni di rottami, cascami e avanzi di metalli ferrosi e dei relativi lavori, di carta da macero, di stracci e di scarti di ossa, di pelli, di vetri, di gomma e plastica, nonché di bancali in legno (pallet) recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo, intendendosi comprese anche quelle relative agli anzidetti beni che siano stati ripuliti, selezionati, tagliati, compattati, lingottati o sottoposti ad altri trattamenti atti a facilitarne l'utilizzazione, il trasporto e lo stoccaggio senza modificarne la natura").

In questi casi l'imposta è adempiuta sempre dal cessionario/committente che, se non stabilito in Italia, deve ivi identificarsi o nominare un proprio rappresentante fiscale per assolvere gli obblighi previsti dalla legislazione nazionale (vd. anche Risoluzione 28 marzo 2012, n. 28/E, disponibile qui).

Nel rinviare al testo completo della risposta all’interpello, in allegato alla presente, per approfondimenti, si rimane a disposizione per ogni eventuale chiarimento.

» 06.03.2020
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