AssoAmbiente

Circolari

135/2020/TO

Con la sentenza n. 8631 del 7 maggio 2020, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto giurisprudenziale riguardante la natura privatistica o pubblica della TIA2. La TIA2 è infatti stata nel tempo oggetto di varie iniziative delle utenze che, ritenendola non dovuta, hanno richiesto il rimborso dell’IVA, generando contenziosi con gestori e comuni. Per la Corte, oggi, il prelievo ha la natura privatistica determinando l’assoggettabilità a IVA della relativa prestazione patrimoniale.

Come noto il regime fiscale dei rifiuti, a partire dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), ha subito nel tempo numerose modifiche: la TARSU è stata sostituita dalla TIA1, tariffa di igiene ambientale (D.Lgs. n. 22/1997), poi sostituita dalla TIA2, tariffa integrata ambientale (D.Lgs. n. 152/2006), quindi la TARES, tributo comunale sui servizi (D.L. n. 201/2011), infine la TARI, tassa sui rifiuti (Legge n. 147/2013) a decorrere dal 1° gennaio 2014.

Secondo i giudici la Tia2 costituisce il “corrispettivo” del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti urbani in quanto sussistente un “rapporto sinallagmatico” (composto da una prestazione e da una controprestazione) che legittima l’assoggettabilità ad IVA dell’importo pagato dalle utenze per fruirne.

La sentenza chiarisce le differenze tra Tia2 – che è stata espressamente qualificata dalla legge come entrata non tributaria – dalla precedente Tia, la vecchia “tariffa di igiene ambientale”. Entrambe sono suddivise in due quote, una fissa destinata a coprire i costi generali di gestione, ed una variabile, che si riferisce alle spese per la gestione dei rifiuti prodotti dalle utenze; ma la prima e più recente risponde al principio europeo del “chi inquina paga” e questo induce a considerare il prezzo pagato dal produttore dei rifiuti come corrispettivo di natura privatistica anziché come tributo.

La Cassazione richiama a sostegno della propria tesi anche la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza 22 febbraio 2018 in causa C-182/17, secondo la quale lo svolgimento di compiti pubblici da parte di una società in virtù di un contratto concluso con un Comune costituisce una prestazione di servizi a titolo oneroso, soggetta all’Iva. Non rileva, in tali casi, il fatto che il corrispettivo sia determinato in via forfettaria, perché questo non incide sul nesso tra la prestazione della società di gestione e il corrispettivo dovuto da coloro che usufruiscono dei servizi.

Nel far rinvio alla sentenza richiamata, in allegato alla presente, per ulteriori dettagli, rimaniamo a disposizione per aggiornamenti e informazioni.

» 08.05.2020
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