L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), nella riunione del 20 dicembre 2022, ha ritenuto di svolgere alcune osservazioni in relazione alle distorsioni concorrenziali riconducibili ad alcuni provvedimenti regionali di attuazione del MTR-2 di ARERA con particolare riferimento alla individuazione dei c.d. “impianti di chiusura del ciclo minimi”.
Come noto i c.d. impianti minimi (per la chiusura del ciclo) sono impianti non integrati nel gestore della raccolta e tuttavia individuati come indispensabili per la chiusura del ciclo dei rifiuti in ambito regionale, soggetti a regolazione dei costi riconosciuti e delle tariffe.
Condividendo, anche da una prospettiva concorrenziale, i criteri sulla base dei quali è possibile individuare gli impianti minimi, l’AGCM ricorda che sul punto vi è ampia discrezionalità delle singole Regioni nell’applicare le norme programmatorie di ARERA sicché occorre prestare attenzione nella individuazione pratica degli impianti in parola.
Al riguardo, per quanto riguarda l’attività di trattamento della frazione organica dei rifiuti solidi urbani o FORSU, l’AGCM - ricordando i principi generali in materia che ne ammettono la libera circolazione nel rispetto della c.d. prossimità dal luogo di produzione – ha rilevato la natura restrittiva della concorrenza delle interpretazioni del PNGR e del MTR-2 da parte delle Regioni Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia orientate alla protezione degli impianti di trattamento situati in ambito regionale.
Auspicando che vengano modificate le delibere regionali non conformi, l’AGCM ha affermato che “Il protezionismo locale che talune Regioni hanno introdotto tramite una disciplina regionale ad hoc, facendo asseritamente attuazione della delibera ARERA sugli impianti minimi per poi discostarsi, nella sostanza, dai presupposti stessi della sua adozione, non rappresenta pertanto una soluzione compatibile con la disciplina antitrust. La restrizione concorrenziale che ne discende finisce per penalizzare non soltanto i potenziali concorrenti – gestori di impianti di trattamento – in aree geografiche limitrofe (cui vengono sottratti potenziali bacini di operatività) ma, soprattutto, i cittadini regionali. Essi, infatti, sono chiamati a pagare prezzi più alti, perché non derivanti da procedure competitive, ma da una regolamentazione al costo, per mantenere in vita impianti che potrebbero anche essere meno efficienti e non possono avvantaggiarsi delle migliori condizioni economiche e qualitative ottenibili in un regime concorrenziale”.
Nel far rinvio alla segnalazione dell’AGCM, disponibile in allegato, rimaniamo a disposizione per informazioni e aggiornamenti.