Con la Sentenza n. 34874 del 4 aprile 2023 il Consiglio di Stato ha stabilito che l'informazione antimafia produce lo stesso effetto della comunicazione antimafia ovvero non solo l'impossibilità di contrattare con la P.A., ma anche l'impossibilità di essere titolari di provvedimenti abilitativi come l’iscrizione all'Albo Nazionale Gestori Ambientali (ANGA).
Il Giudice ha così confermato il giudizio del Tar Toscana che ha respinto il ricorso presentato contro un provvedimento con il quale l'ANGA aveva comunicato a un operatore il rigetto della domanda di rinnovo di iscrizione indicando come motivazione “l’assenza dei requisiti di cui all’art. 10 comma 2 lettera f) D.M. 120 del 2014 in considerazione di quanto previsto dal parere del Consiglio di Stato n.497 del 2015” sussistendo a carico dell’impresa informativa antimafia.
Ai sensi dell’art. 10 comma 2 lettera f) del D.M. 120/2014, per l’iscrizione all’ANGA occorre che nei confronti del titolare dell’impresa (ovvero del legale rappresentante, se si tratta di ente giuridico), non sussistano “le cause di divieto, di decadenza o di sospensione di cui all'articolo 67 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159” (cd. Codice Antimafia) che non consentono ai soggetti raggiunti da queste misure di ottenere “iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati”, fra cui l’iscrizione all’Albo di cui si tratta.
Nel corso delle verifiche necessarie a rilasciare la comunicazione antimafia è possibile che, pur in assenza di provvedimenti che impongono misure di prevenzione o di condanne, “venga accertata la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa”: ipotesi disciplinata dall’art. 89 bis del D. Lgs. 159/2011 che comporta che il prefetto emetta non già la comunicazione, ma il diverso provvedimento dell’informazione antimafia, di cui al successivo art. 91 del medesimo D.Lgs. n. 159/2011 che produce specificamente l’impossibilità di concludere contratti con la pubblica amministrazione ovvero di ricevere dalla stessa concessioni o erogazioni economiche di qualsiasi tipo.
Il Consiglio di Stato con tale pronuncia non si è discostato dall’interpretazione degli artt. 67, 89-bis e 91 del D. Lgs. 159/2011 contenuta nel precedente parere n. 3088/2015 del Consiglio stesso confermando che “l’informativa antimafia, anche in mancanza di una norma esplicita, produce lo stesso effetto della comunicazione, ovvero non solo l’impossibilità di contrattare con la pubblica amministrazione, ma anche l’impossibilità di essere titolari di provvedimenti abilitativi come l’iscrizione che qui interessa”.
Tale equiparazione, secondo il Consiglio di Stato è legittima sia sotto il profilo letterale, laddove nell’art. 89-bis è scritto che l’informativa “tiene luogo” della comunicazione, sia sotto il profilo logico in quanto sia la comunicazione che l’informativa esprimono a carico dei destinatari lo stesso disvalore, per cui non avrebbe senso, in mancanza di una norma espressa, ritenere che la seconda abbia effetti più limitati della prima.
Si rimanda alla Sentenza del Consiglio di Stato, in allegato alla presente, per ulteriori dettagli.