Il gestore di un impianto che non rispetta le prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) attinenti alla "gestione dei rifiuti" incorre in un illecito penale e non amministrativo.
Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza 12 marzo 2024, n. 10236 la quale ha sostenuto che, sebbene non rispettare le prescrizioni dell'A.C. inserite nell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) rilasciata costituisca un illecito amministrativo, se tale inosservanza riguarda la complessiva gestione dei rifiuti, ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 3, del D.lgs. n. 152/2006, la violazione ha natura penale.
Nel caso di specie “le prescrizioni fatte oggetto della contestata violazione attenevano, la prima, all'obbligo di mantenimento in efficienza del sistema di captazione ed estrazione del biogas generato dal naturale smaltimento in discarica dei rifiuti inerti, la seconda all'obbligo del suo recupero energetico ovvero alla termodistruzione in idonea camera di combustione, pertanto, rileva la Suprema Corte, trattasi di "prescrizioni concernenti la complessiva gestione dei rifiuti, qualificanti e funzionali rispetto alla corretta gestione ed allo smaltimento dei rifiuti conferiti in discarica” per cui la loro violazione è penalmente rilevante.
Per "gestione dei rifiuti", conclude la Cassazione, si intende, come afferma l'articolo 183, lettera n), D.lgs. n. 152/2006, anche lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento; pertanto la violazione delle prescrizioni contenute nell'A.I.A., in conformità a quelle specifiche disposizioni di legge che ne attestano la significatività rispetto alla gestione dei rifiuti, integra la fattispecie penale contestata all'imputato e non ricade tra quelle riconducibili al residuale illecito amministrativo previsto dall'art. 29-quattuordecies, comma 2, del D.lgs. n. 152/2006.