L’articolo 19 della legge in oggetto, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dello scorso 28 dicembre e in vigore dal 12 gennaio, introduce nel nostro ordinamento l’istituto delle “dimissioni di fatto” o “per fatti concludenti”, inquadrando in tale fattispecie il caso del lavoratore che non si presenti al lavoro senza alcuna giustificazione o comunicazione per un periodo prolungato.
Nel previgente regime normativo tale condotta avrebbe necessitato di una contestazione formale da parte del datore di lavoro, ed un eventuale licenziamento disciplinare ad esito della procedura, con conseguente pagamento del “ticket licenziamento” ai sensi dell’articolo 2, comma 31, della legge n. 92/2012 (fino a € 1.900 euro circa), l’esposizione al rischio di un contenzioso con il lavoratore stesso, nonché la possibilità per quest’ultimo di beneficiare, paradossalmente, dell’indennità di disoccupazione.
Un sistema chiaramente sbilanciato, su cui il Legislatore ha inteso finalmente intervenire, per il tramite dell’articolo 19 citato, che prevede ora la risoluzione del rapporto per volontà del lavoratore “in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni”.
Il datore di lavoro ha come unico obbligo quello di darne comunicazione alla sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, da individuarsi in base al luogo in cui si svolge il rapporto di lavoro, che potrà verificare la veridicità della comunicazione medesima.
L’Ispettorato accerterà se effettivamente il lavoratore non si sia più presentato presso la sede di lavoro, e quindi se la dichiarazione del datore di lavoro sia veritiera e non sottintenda abusi, oppure se il lavoratore sia stato impossibilitato, presumibilmente per gravissime ragioni di salute, a comunicare la sua assenza.
Gli accertamenti dell’Ispettorato dovranno essere avviati e conclusi entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione trasmessa dal datore di lavoro.
Secondo quanto riportato anche dalla nota dell’Ispettorato del Lavoro pubblicata ieri (vedi allegato), il datore di lavoro è tenuto a informare l’Ispettorato solamente nel caso in cui intenda far valere la condotta del lavoratore come “dimissioni di fatto”; non vi è pertanto un obbligo incondizionato in tal senso.
Al fine di procedere agli accertamenti previsti, l’Ispettorato deve essere messo in condizione di conoscere tutte le informazioni inerenti, in particolare quelle necessarie per contattare il lavoratore; nella nota INL è riportato anche un modello di comunicazione volto a uniformare i contenuti delle dichiarazioni e semplificare il relativo adempimento da parte dei datori di lavoro.
La disciplina in esame non si applica qualora il lavoratore dimostri l'impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza; il caso in cui il lavoratore comunichi in qualsiasi modo, anche se sulla base di presupposti palesemente infondati, la propria volontà di non recarsi al lavoro, si ritiene che ciò debba essere oggetto di una procedura disciplinare, poiché non integra letteralmente le previsioni di cui all’articolo 19.
Analogamente, qualora il lavoratore riesca a dimostrare in ogni modo la sussistenza di una giusta causa di dimissioni (ad esempio per reiterato mancato pagamento delle retribuzioni) anche ad esito della verifica dell’Ispettorato, sarà cura di quest’ultimo informarlo circa i diritti spettanti (indennità di disoccupazione).
I vantaggi immediati della nuova disciplina per i datori di lavoro sono certamente individuabili in:
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Rimane un dubbio applicativo, cui la nota dell’INL non fa riferimento: ovvero se “il termine previsto dal CCNL” ai fini del concretizzarsi della fattispecie sia quello che già oggi quasi tutti i contratti collettivi prevedono al fine di comminare il licenziamento disciplinare per prolungata assenza ingiustificata, o se sia necessaria una norma specifica, con cui le Parti stipulanti si diano atto del sopraggiunto articolo 19 della legge n. 203/2024 ed individuino in un determinato numero di giorni il limite per poter applicare l’istituto delle “dimissioni di fatto”. Come noto, la legge oggi fissa in più di quindici giorni il limite in assenza di una disposizione contrattuale.
Allo stato attuale è possibile ritenere che il limite da considerare possa essere quello già individuato dal CCNL poiché né la legge né la nota dell’Ispettorato del 22 gennaio fanno riferimento alla contrattazione collettiva “futura”, ad esempio dando un termine per adempiere o fornendo un qualche tipo di indicazioni; il che appare anomalo se si considera che ad oggi nessun contratto collettivo, nel regime legislativo previgente, può aver previsto una clausola in materia di “dimissioni per fatti concludenti”; e se lo ha fatto, tale clausola deve essere considerata illegittima.
Inoltre l’INL nella nota sottolinea come il datore di lavoro debba “verificare che l’assenza ingiustificata abbia superato il termine eventualmente individuato dal contratto collettivo applicato” e che “una volta decorso il periodo previsto dalla contrattazione collettiva”… “potrà procedere alla comunicazione della cessazione del rapporto di lavoro”; in entrambi i casi l’Ispettorato si riferisce senza alcun dubbio alla contrattazione collettiva vigente, poiché è impensabile che ad oggi, dopo pochi giorni dall’entrata in vigore della norma, sia possibile considerare altri termini se non quello di legge qualora non si volesse far salvo quanto già previsto dai contratti collettivi. Fermo rimanendo che le note dell’INL e le relative interpretazioni non hanno ovviamente valore di legge.
Di conseguenza, sia pure in un contesto di incertezza e di plausibilità di interpretazioni difformi, è possibile ritenere che il Legislatore possa ritenere valido, ai fini sopradetti, quanto deciso dalle Parti stipulanti il CCNL in materia, ovvero considerando legittimamente risolvibile il rapporto di lavoro con chi si assenti per un periodo “pari o superiore a 4 giorni non consecutivi nell’arco di 12 mesi” (vedi articolo 68, punto 3F, lettera “d” del CCNL 18 maggio 2022) oppure per giusta causa con chi si assenti “senza giustificazione per quattro o più giorni consecutivi” (vedi articolo 68, punto 3G, lettera “k” del CCNL 18 maggio 2022) possa integrare le previsioni di cui all’articolo 19 della legge n. 203/2024.
L’individuazione di un limite di giorni di assenza ingiustificata “accettabile” (nella misura in cui non dà luogo ad un provvedimento espulsivo) può pertanto essere interpretato come un limite invalicabile, essendo il lavoratore a conoscenza delle disposizioni contrattuali in materia disciplinare e delle relative conseguenze.
Considerate le finalità del Legislatore, ovvero di contrastare abusi di diritto e paradossi giuridici come quello di imputare al datore di lavoro le conseguenze anche economiche di un grave inadempimento del lavoratore, si ritiene pertanto che il concetto di “prolungata assenza ingiustificata” tale da comportare il legittimo recesso del datore di lavoro, possa essere considerato alla stessa stregua (almeno quattro giorni secondo le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali stipulanti il CCNL Servizi Ambientali) sia in caso di adozione di un licenziamento disciplinare sia nel caso di “dimissioni di fatto”.
Trattandosi di una fase di prima applicazione della disciplina legislativa, si invitano le aziende a consultare l’Associazione in caso di dubbi nonché, a beneficio di tutti, di segnalare eventuali pareri difformi, comunicazioni sindacali, o provvedimenti giudiziari in direzione diversa da quanto sostenuto.