Le Autorità portuali non hanno l'obbligo di coinvolgere i Sindaci nell'adozione dei piani di raccolta dei rifiuti prodotti delle navi, che possono anche non essere coerenti con il regolamento comunale per la gestione dei rifiuti.
A stabilirlo è il Consiglio di Stato con la sentenza 14 maggio 2025, n. 4133 che ha ricordato il principio dell’ordinamento giuridico secondo il quale i Sindaci e gli Enti locali non hanno potere di indirizzo o di approvazione sui piani di raccolta dei rifiuti portuali.
Il caso nasce da un ricorso contro un piano rifiuti adottato da un’Autorità portuale dell’Emilia-Romagna che, nell’inquadrare parte dei rifiuti generati in porto come “assimilabili agli urbani”, si discostava dalla classificazione prevista dal regolamento comunale che li qualificava invece come “speciali non pericolosi”.
Da qui l’opposizione del Comune interessato, che ha ritenuto il piano non conforme alla propria regolamentazione locale.
Nel rigettare il ricorso, il Consiglio di Stato ha fornito un’interpretazione chiara delle disposizioni vigenti, in particolare del D.lgs. n. 182/2003 (oggi sostituito dal D.lgs. n. 197/2021) e dell’art. 208 comma 14 del D.lgs. n. 152/2006 le quali evidenziano, per un verso, la specialità della disciplina dei rifiuti in ambito portuale e specificano, per altro verso, che l’autorità competente all’elaborazione è esclusivamente quella portuale, la quale non è vincolata alle determinazioni degli enti locali. Questi ultimi, infatti, vengono meramente sentiti nell’ambito del procedimento di elaborazione del piano, da redigere in coerenza con la pianificazione regionale e non con il regolamento comunale.
Per ogni ulteriore approfondimento si rinvia alla Sentenza del Consiglio di Stato allegata.