AssoAmbiente

Circolari

008/2019/TO

In considerazione dell’importanza per il settore, segnaliamo che il Consiglio di Stato con l’Ordinanza n. 138 del 7 gennaio 2019 ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea due quesiti interpretativi in materia di presupposti per l’affidamento in house e di criteri per l’acquisizione di quote societarie negli stessi organismi da parte di amministrazioni pubbliche.

La decisione di rivolgersi in via pregiudiziale (sospendendo quindi il giudizio Italiano) alla Corte di Giustizia Europea è della V sezione del Consiglio di Stato, la quale nel corso di un giudizio (riguardante proprio servizi di igiene urbana) ha dubitato che le disposizioni del diritto nazionale - nel porre alcune condizioni per gi affidamenti in house - siano compatibili con le pertinenti disposizioni e principi del diritto primario e derivato dell’Unione europea. In particolare, l’articolo 192, comma 2, del Codice degli appalti pubblici (D.lgs. n. 50 del 2016) impone che l’affidamento in house di servizi disponibili sul mercato sia assoggettato a una duplice condizione, che non è richiesta per le altre forme di affidamento dei medesimi servizi (con particolare riguardo alla messa a gara con appalti pubblici e alle forme di cooperazione orizzontale fra amministrazioni):

  • obbligo di motivare le condizioni che hanno comportato l’esclusione del ricorso al mercato (l’esistenza di un c.d. “fallimento di mercato”);
  • obbligo di indicare, a quegli stesi propositi, gli specifici benefìci per la collettività connessi all’opzione per l’affidamento in house.

I giudici osservano che il restrittivo orientamento evidenziato dall’articolo richiamato del Codice Appalti si colloca in continuità con orientamenti analoghi manifestati dall’ordinamento almeno dal 2008 (giù dall’articolo 23 bis del decreto legge n. 112 del 2008). A tal proposito, i giudici ritengono necessario stabilire se questo restrittivo orientamento ultradecennale dell’ordinamento italiano in tema di affidamenti in house risulti conforme con i principi e disposizioni del diritto dell’Unione europea con particolare riguardo al principio della libera organizzazione delle amministrazioni pubbliche sancita dall’articolo 2 della Direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione.

Di seguito, nel dettaglio, i quesiti interpretativi posti:

  • Se il diritto dell’Unione europea (e segnatamente il principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche e i principio di sostanziale equivalenza fra le diverse modalità di affidamento e di gestione dei servizi di interesse delle amministrazioni pubbliche) osti a una normativa nazionale (come quella dell’articolo 192, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, decreto legislativo n. 50 del 2016) il quale colloca gli affidamenti in house su un piano subordinato ed eccezionale rispetto agli affidamenti tramite gara di appalto: i) consentendo tali affidamenti soltanto in caso di dimostrato fallimento del mercato rilevante, nonché ii) imponendo comunque all’amministrazione che intenda operare un affidamento in regìme di delegazione interorganica di fornire una specifica motivazione circa i benefìci per la collettività connessi a tale forma di affidamento”;
  • “Se il diritto dell’Unione europea (e in particolare l’articolo 12, paragrafo 3 della Direttiva 2014/24/UE in tema di affidamenti in house in regime di controllo analogo congiunto fra più amministrazioni) osti a una disciplina nazionale (come quella dell’articolo 4, comma 1, del Testo Unico delle società partecipate - decreto legislativo n. 175 del 2016 ) che impedisce a un’amministrazione pubblica di acquisire in un organismo pluriparecipato da altre amministrazioni una quota di partecipazione (comunque inidonea a garantire controllo o potere di veto) laddove tale amministrazione intende comunque acquisire in futuro una posizione di controllo congiunto e quindi la possibilità di procedere ad affidamenti diretti in favore dell’Organismo pluripartecipato”.

Questo secondo quesito, parzialmente connesso al primo, attiene sempre al contenzioso all’esame del Consiglio di Stato riguardando i vincoli posti dall’ordinamento interno alla partecipazione al capitale sociale da parte di soggetti pubblici che non esercitino il controllo analogo sulla società.

La decisione della Corte di Giustizia Europea segnerà di certo uno dei temi più dibattuti nel mondo dei servizi pubblici locali dove da molti anni sussiste il difficile bilanciamento da un lato del il principio della libertà e autodeterminazione, per i soggetti pubblici, di organizzare come meglio stimano le prestazioni dei servizi di rispettivo interesse, dall’altro il principio della piena apertura concorrenziale dei mercati degli appalti pubblici e delle concessioni.

Nel rimandare alla Ordinanza del Consiglio Stato, allegata alla presente, restiamo a disposizione per ogni informazione e aggiornamento in materia.

» 09.01.2019
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