AssoAmbiente

Circolari

152/2020/MI

La formulazione dell’articolo 42, comma 2, del decreto-legge n. 18/2020 (“CuraItalia”) poi convertito in legge n. 27/2020 ha suscitato preoccupazione tra le imprese e un acceso dibattito nelle ultime settimane, stante il rischio di una distorta interpretazione che potesse determinare responsabilità civili e penali come conseguenza automatica del contagio da COVID-19 del lavoratore dipendente.

I dubbi non erano stati fugati nemmeno dalla circolare INAIL n. 13/2020 del 3 aprile u.s. (vedi circolare Assoambiente n. 120/2020).

Dopo alcuni interventi pubblici del Ministro del Lavoro, interrogazioni parlamentari e un comunicato stampa dell’INAIL intervenuti negli ultimi giorni ed atti a rassicurare circa la corretta interpretazione dell’articolo 42, comma 2, è quindi stata emanata il 20 maggio u.s., con il parere favorevole del Ministro del Lavoro, l’allegata circolare INAIL n. 22, che reca, e in taluni casi ribadisce, i seguenti principi di fondo, sinteticamente riportati:

  • la riconducibilità ad infortunio sul lavoro delle infezioni da agenti biologici se contratte in occasione di lavoro non è novità dovuta al COVID-19 ma costituisce “riaffermazione di principi vigenti da decenni”, anche giurisprudenziali, in virtù dei quali la “causa virulenta” è equiparata alla “causa violenta”;
  • le particolari modalità delle infezioni epidemiologiche comportano che i fattori di rischio non siano direttamente e pienamente controllabili dal datore di lavoro, circostanza che giustifica la non incidenza sull’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico, come accade nel caso di infortunio “in itinere”;
  • quanto alla relazione del contagio con l’attività lavorativa, l’Istituto ricorda l’indirizzo giurisprudenziale consolidato, secondo cui è sufficiente che l’infezione possa risultare come “conseguenza ragionevole, probabile e verosimile” dell’attività lavorativa, indipendentemente da eventuali comportamenti omissivi del datore di lavoro.

Nel ribadire tali concetti, l’INAIL conferma quindi che “non possono confondersi i presupposti per l’erogazione di un indennizzo INAIL con i presupposti per la responsabilità penale e civile del datore di lavoro che devono essere rigorosamente accertati con criteri diversi”.

Pertanto, continua la circolare, il riconoscimento del diritto alle prestazioni non assume alcun rilievo per sostenere l’accusa in sede penale, “considerata la vigenza del principio di presunzione di innocenza nonché dell’onere della prova a carico del Pubblico Ministero”.

Così come anche ai fini dell’eventuale responsabilità civile, è sempre necessario l’accertamento della colpa del datore di lavoro nella determinazione dell’evento.

A supporto di tale tesi, è anche citata una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione (Ordinanza 11 febbraio 2020, n. 3282) con cui è ribadito che l’articolo 2087 cod. civ. (recante come noto il principio dell’obbligo per il datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie per tutelare il lavoratore) “non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, essendone elemento costitutivo la colpa, intesa quale difetto di diligenza nella predisposizione delle misure idonee a prevenire ragioni di danno per il lavoratore”. È quindi necessario, secondo l’Ordinanza citata, che l’evento lesivo “derivi causalmente dalla violazione di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche in relazione al lavoro svolto”.

Nel caso dell’emergenza epidemiologica in corso, l’INAIL individua nei protocolli Governo-Parti Sociali del 14 marzo e 24 aprile uu.ss. e nelle linee guida anche regionali di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge n. 33/2020 le “conoscenze sperimentali o tecniche” di cui sopra, la cui violazione può comportare la responsabilità datoriale (vedi circolare Assoambiente n. 147/2020 e relativo decreto allegato).

A tale proposito, è bene ricordare lo specifico Avviso Comune del settore ambientale condiviso tra le Associazioni Imprenditoriali e le Organizzazioni Sindacali di categoria il 19 marzo u.s. (vedi circolare Assoambiente n. 76/2020 del 19 marzo u.s.)

Infine, l’INAIL ribadisce che, così come la ragionevole probabilità della contrazione del virus in occasione di lavoro sia sufficiente a riconoscere le prestazioni assicurative ma non a determinare di per sé le responsabilità civili e penali, anche l’attivazione dell’azione di regresso nei confronti del datore di lavoro non può basarsi semplicemente sul riconoscimento dell’infezione.

Anche qui l’Istituto richiama un autorevole indirizzo giurisprudenziale, quello cioè espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 2002 (sentenza n. 30328 dell’11.9.2002), in base al quale il rapporto di causalità tra omissione ed evento infortunistico deve essere verificato alla stregua di “un giudizio di alta probabilità logica”, eventualmente atto a dimostrare che, ipotizzando avvenuta l’azione doverosa, l’infortunio, “con elevato grado di credibilità razionale”, non si sarebbe verificato.

In sostanza, è necessario dimostrare che l’omissione del datore di lavoro sia stata determinante.

Concludendo, l’INAIL definisce “molto arduo” ipotizzare e dimostrare la colpa del datore di lavoro in assenza di comprovate violazioni delle misure di contenimento del rischio di contagio definite nei protocolli e linee guida di cui al citato articolo 1, comma 14, del decreto-legge n. 33/2020 (“protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali. In assenza di quelli regionali trovano applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale”).

Oltre alla circolare INAIL 22/2020, si allega alla presente anche la recente risposta della Sottosegretaria per il lavoro e le politiche sociali, Francesca Puglisi, in Commissione Lavoro della Camera all’interrogazione n. 5-03995 sulle iniziative normative in merito alle conseguenze dell'equiparazione dei casi di infezione da nuovo Coronavirus all'infortunio sul lavoro.

» 22.05.2020
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