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Circolari

203/2017/CI/MI

Con la sentenza in oggetto, riportata in allegato, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito al tema dei contenuti del patto di prova nei casi di assunzione di lavoratori avviati obbligatoriamente in attuazione della legge n. 68/1999, con specifico riferimento al CCNL Servizi Ambientali.

Il tema in sé non presenta caratteri di particolare novità: è consolidato in giurisprudenza il principio secondo cui il patto di prova apposto ad un contratto di lavoro deve contenere la specifica indicazione delle mansioni da espletare, le quali possono essere anche oggetto di rinvio alle relative disposizioni del CCNL applicato al rapporto di lavoro, purchè detto richiamo alle norme contrattuali sia sufficientemente specifico e riferibile ad un profilo professionale determinato, e non risulti eccessivamente generico.

Nel caso in esame, poi, quanto sopra brevemente delineato deve essere integrato con i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità e fatti propri anche dalla Corte Costituzionale con una sentenza del 1989 (la numero 255, richiamata nella sentenza in esame), in materia di apposizione di patto di prova al contratto di assunzione di lavoratore disabile avviato ai sensi della normativa sul collocamento obbligatorio: ovvero, la necessità che le mansioni assegnate siano compatibili con le ridotte capacità lavorative, una valutazione dell’esito della prova non influenzata dal minore rendimento dovuto all’infermità, un’adeguata motivazione in caso di recesso del datore di lavoro.

Nel patto di prova oggetto della vertenza erano state indicate le mansioni di “operatore ecologico di primo livello”.

Se il Tribunale di Roma aveva respinto l’impugnativa del licenziamento da parte della lavoratrice, la Corte d’Appello ha riformato la pronuncia ritenendo non rispettato il requisito di specificità del patto di prova poiché il rinvio al CCNL non teneva conto del fatto che lo stesso contratto era articolato in quattro aree operativo-funzionali, in un complessivo sistema classificatorio articolato in otto livelli professionali; conseguentemente il generico riferimento relativo alle mansioni di operatore ecologico di primo livello “non consentiva di comprendere ex ante a quali mansioni fosse stata adibita la lavoratrice e su quali attività lavorative dovesse svolgersi la prova”.

Nel confermare la sentenza della Corte d’Appello, la Corte di Cassazione ha espresso alcuni principi di cui tenere conto, ai fini della corretta redazione del patto di prova in caso di assunzioni con il CCNL Servizi Ambientali: in particolare, ha sostenuto che il riferimento al sistema classificatorio della contrattazione collettiva può ritenersi sufficiente, e quindi integrante il necessario requisito della specificità delle mansioni, solamente se il richiamo contenuto nel patto di prova si riferisca alla “nozione più dettagliata” tra quelle di categoria, qualifiche, livelli e profili professionali.

Ad ulteriore rafforzamento del concetto, la Cassazione ha confermato la validità del ragionamento della Corte distrettuale, la quale ha ribadito la necessità di maggiore dettaglio nell’indicazione delle mansioni, a maggior ragione alla luce di quanto previsto dai commi 13 e 14 dell’articolo 14 del CCNL 30 aprile 2003, applicabile “ratione temporis” alla fattispecie (attualmente sono i commi 17 e 18 dello stesso articolo, con il comma 17 modificato per renderlo coerente, in particolare, al nuovo regime legislativo del concetto di “mansioni equivalenti” come introdotto dal “jobs act”).

Come noto, tali disposizioni consentono di impiegare il lavoratore, “anche nell’arco del turno di lavoro giornaliero, con variazione di utilizzo per l’esecuzione di mansioni professionalmente equivalenti” o comunque  di adibirlo (comma 14 del CCNL 30 aprile 2003) ad altre mansioni in diretta connessione a quelle indicate, nel presupposto che declaratorie, profili ed esemplificazioni elencate nel CCNL “non esauriscono le mansioni che possono essere assegnate”. Tali norme sono state correttamente interpretate come ulteriori elementi di flessibilità, finalizzati ad ampliare le possibili mansioni riconducibili ad un determinato livello inquadramentale con la conseguenza di rendere maggiormente inadeguata una generica indicazione delle mansioni nel patto di prova.

La Corte è quindi entrata nel merito della Classificazione del Personale come disciplinata dall’articolo 14 del CCNL 30 aprile 2003, elencando la declaratoria dell’Area Raccolta e Spazzamento, la declaratoria del Livello 1 di quest’Area e le relativi esemplificazioni, traendone la conclusione di eccessiva genericità della dizione utilizzata “operatore ecologico di primo livello”, stante l’impossibilità di stabilire le mansioni concrete assegnate al lavoratore.

In conclusione, la sentenza ribadisce la validità tecnico-giuridica dell’impianto classificatorio organizzato per aree operativo-funzionali introdotto nel CCNL di categoria con il rinnovo del 2003: come è noto, infatti, nelle esemplificazioni di cui al livello 1 dell’Area Spazzamento e Raccolta, sono diversi i profili individuati (addetto alle attività di spazzamento, di raccolta, accessorie, preselezione manuale, pubbliche affissioni, etc.), mentre è inesistente la generica indicazione “operatore ecologico”; analogamente, l’Area Impianti e l’Area Servizi Generali elencano diversi profili professionali, coerenti con la rispettiva Area operativo-funzionale, la cui indicazione, in sostituzione dell’assai generico “operatore ecologico” avrebbe potuto evitare il contenzioso in quanto il riferimento alle mansioni sarebbe stato, “per relationem”, coerente con le previsioni del CCNL applicato.

Conseguentemente, dalla pronuncia della Corte, se ne ricava che una maggiore precisione, con utilizzo dei numerosi, specifici profili indicati nel CCNL avrebbe reso inattaccabile il patto di prova stipulato dall’impresa nei confronti della lavoratrice.

Si rimanda per maggiori dettagli alla lettura della sentenza allegata, rimanendo a disposizione per osservazioni, chiarimenti e valutazioni.

Cordialmente.

» 10.11.2017
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